È tornato a parlare l’arcivescovo Georg Gänswein. Il prefetto della casa pontificia e segretario privato del papa emerito Benedetto XVI ha rilasciato una lunga intervista a Bernhard Müller apparsa sul mensile di lingua tedesca Vatican Magazin.
Ne è uscito un colloquio molto franco e a 360 gradi. Numerosi sono stati gli argomenti toccati, anche molto personali: la sua vocazione al sacerdozio, gli studi, i libri, gli errori di cui pentirsi, il ruolo (non sempre facile) di servitore di due papi, le criticità della chiesa tedesca, l’atteggiamento davanti alla pandemia, la questione della vaccinazione e altro ancora.
In primo piano ovviamente lo stretto rapporto con Benedetto XVI. Georg Gänswein, che dal 2003 è suo segretario particolare, è confidente e osservatore privilegiato della vita di papa Ratzinger. Nell’intervista accenna allo stato di salute di Benedetto XVI che descrive come “stabile nella debolezza fisica e, grazie a Dio, molto lucido di mente”. Subito dopo aggiunge che “è comprensibile però che le forze fisiche, a 94 anni e dopo la morte del fratello che lo ha pesantemente afflitto, si siano ulteriormente ridotte. Così come la voce”. Per il papa emerito le migliori medicine sono “lo humor e il consueto ritmo quotidiano”.
Le differenze tra i due Papi
Gänswein parla anche delle differenze tra i due papi, soprattutto sul piano della liturgia, che però a suo avviso rientrano nel variegato campo delle storie, esperienze e sensibilità personali. Che non possono né debbono essere uguali per tutti. E certo questa varietà non è una novità nella storia della Chiesa.
Il suo rapporto personale con Francesco, racconta all’intervistatore, è buono anche se non sono mancati i momenti di tensione e le incomprensioni – come quando Francesco ha deciso di congedarlo a tempo indeterminato per dargli modo di dedicarsi esclusivamente a Benedetto XVI. Ma dopo un confronto aperto e leale le diversità di vedute sono state superate.
Occorre ricostituire una immagine alta del sacerdozio
Il prelato, che confessa di avere avuto dei problemi di salute (ai reni e all’udito), parla dell’immagine del sacerdote, oggetto oggi di molti pregiudizi negativi. Su questo punto Gänswein ha le idee chiare: bisogna ricostituire una immagine chiara, alta e esigente della figura sacerdotale. È l’unica maniera per affascinare i giovani, attirati da impegni grandi e radicali.
Purtroppo il sacerdozio è stato macchiato dagli scandali sessuali. “I casi di abuso – ammette Gänswein – sono l’11 settembre della Chiesa Cattolica. Purtroppo è così. Con questo non voglio nascondere, imbellettare o sminuire proprio nulla. Ma il sacerdozio non è un rifugio per molestatori”. Là dove – come negli Usa – questa catastrofe è stata presa di petto in maniera conseguente e decisa “anche oggi i giovani sono nuovamente pronti a donare la propria vita per Cristo e per la Chiesa”.
In pandemia il benessere del corpo è stato messo sopra la salvezza dell’anima?
A riguardo dell’emergenza Covid, l’ìntervistatore gli domanda a bruciapelo: “Perché in molte comunità ecclesiali tedesche le norme igieniche si sono sostituite alla pastorale?”
“Questa domanda me la sono posta anche io”, replica Gänswein, che dice di aver rilevato reazioni molto differenti alla pandemia da parte della chiesa italiana e di quella tedesca: “Per quel che riguarda la Germania, non ho mai capito perché le autorità ecclesiali siano in parte andate perfino oltre le disposizioni statali e si siano dimostrate, durante la crisi, così esageratamente ligie allo stato. Io comprendo la preoccupazione per la sicurezza e per la prevenzione. Ma quando si mette il benessere del corpo sopra la salute dell’anima, e questa non è stata solo la mia impressione, allora c’è qualcosa che non va”.
A titolo di esempio Gänswein menziona la pessima uscita di un vescovo tedesco che durante una predica ha biasimato “l’interesse talvolta snervante da consumatore finale orientato soltanto alle funzioni religiose”. Colpisce in negativo anche il linguaggio impiegato, da burocrate, che bolla come “consumatore finale” – e dunque egoista per definizione – il semplice fedele cattolico che aspira soltanto a partecipare alla santa messa.
Il prefetto della Casa pontificia non trattiene lo sdegno: “Considero intollerabile questa frase. Se i fedeli vengono rimproverati come consumatori finali e le funzioni liturgiche sono degradate ad articoli di consumo a cui si potrebbe anche rinunciare, questa è un’ammissione di fallimento nella comprensione dell’eucarestia e della fede da parte di questo signore. Che un vescovo cattolico dica pubblicamente una cosa del genere in una predica è francamente vergognoso”.
Nessuna crociata ideologica pro o contro il vaccino, meglio fare appello alla coscienza senza costringere nessuno
D’altro canto Gänswein prende le distanze dalle posizioni estreme in senso opposto. Come quella del vescovo Viganò che ha definito la campagna di vaccinazione “un’azione satanica contro Dio” e ha accusato il Vaticano e il Papa di complicità in questa opera diabolica. Una posizione incomprensibile per Gänswein, secondo il quale “non si può elevare la questione della vaccinazione sul piano della fede”. Né si può dire che “papa Francesco abbia avviato una campagna mediatica per la vaccinazione. Ha però esortato a farla e si è tempestivamente fatto vaccinare”.
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“Questo è corretto”, osserva il prefetto della Casa pontificia. “Del resto sia papa Benedetto che io ci siamo già vaccinati per la terza volta. Per convinzione”. Naturalmente, prosegue Gänswein, “ogni vaccinazione ha vantaggi e svantaggi”. Ma l’esempio di chi ha sperimentato forme severe di Covid – Gänswein cita il caso del cardinale Bassetti – basta a mettere in guardia “contro ogni forma di crociata ideologica contro la vaccinazione” anche se “non si può costringere nessuno alla vaccinazione, questo è chiaro” e bisognerebbe perciò “fare appello alla coscienza”. Anche il papa emerito, precisa il suo segretario privato, condivide questa posizione: “altrimenti non si sarebbe fatto vaccinare tre volte”.
La critica al cammino sinodale della chiesa tedesca
Come aveva fatto in precedenza Benedetto XVI, anche Gänswein critica il cammino sinodale della chiesa tedesca che “vuole approvare frettolosamente delle riforme interne che portano fuori dalla comunione con la Chiesa universale” e la sua pretesa di presentarsi quale “risposta salvifica” alla crisi ecclesiale.
Ciò rischia di causare una “colossale delusione”, avverte il prefetto prendendo le parti del vescovo Voderholzer, uno dei più aspri critici del cammino sinodale che parla di “abuso degli abusi”. Con questa espressione Voderholzer vuole denunciare il tentativo di usare gli scandali sessuali di alcuni sacerdoti come pretesto per stravolgere la dottrina della Chiesa.
“O i vescovi tedeschi mettono fine a queste irrealistiche pretese, oppure al più tardi si dirà “adesso basta” quando i documenti finali del sinodo arriveranno a Roma”, ammonisce Gänswein. “Ancora una volta Roma avrebbe una bella gatta da pelare. Ma non sarebbe un servizio né per la chiesa tedesca né per quella universale”.
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Sempre a questo riguardo Gänswein ha sottolineato le differenze sostanziali tra il cammino sinodale tedesco e il processo avviato da Papa Francesco in preparazione al sinodo universale dei vescovi “che prende a cuore la nuova evangelizzazione e il rinnovamento della fede, mentre il cammino sinodale punta soprattutto sui cambiamenti strutturali”.
È la prospettiva contenuta anche nella lettera inviata nel 2019 da Francesco ai cattolici tedeschi, che però è stata completamente trascurata dal cammino sinodale.
Il Germania il progressismo teologico ha egemonizzato anche le organizzazioni cattoliche
Negli ultimi secoli il campo progressista è fortemente cresciuto in Germania arrivando ormai a egemonizzare l’establishment dell’associazionismo cattolico. Qui, fa notare il segretario di papa Ratzinger, “si sono radunati molti attivisti politici che però, pur provenendo dalla Chiesa cattolica, di regola hanno tutt’altra opinione in questioni teologiche fondamentali rispetto alla dottrina ecclesiale”.
Il giudizio di padre Georg è netto: “Mi chiedo, con tanti semplici fedeli, se il cammino sinodale apporta davvero qualcosa alla fede. Porta a un approfondimento e a un rinnovamento della fede? Finora dall’establishment delle organizzazioni cattoliche tedesche si è sentito poco di positivo”.
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Inutile nascondersi il disorientamento della chiesa tedesca. Per superarlo sarà buona cosa la voglia di costruire ponti, ma “allo stesso tempo deve essere chiaro che la fede non è qualcosa senza contenuto. La fede è quella che professiamo nel Credo. È ciò che non abbiamo fatto da noi, ma per il quale viviamo e dal quale traiamo vita”.
“La chiesa del futuro sarà molto più piccola e perderà molto in potere politico e di altro tipo, ma guadagnerà in forza interiore”, afferma Gänswein citando una vecchia profezia ratzingeriana del 1958. In questa situazione serve “il coraggio di saper rinunciare a determinate cose, di lasciarle andare”. Spesso i grandi mezzi finanziari, come quelli a disposizione in Germania, “non sono di aiuto per la fede, ma piuttosto di impedimento”. “Ovunque la chiesa manca di fede, è necessario il salasso”, ha sottolineato l’arcivescovo.
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