Il “Robot Monaco” che guida la preghiera | Roba da fantascienza? No accade oggi

C’è un concreto pericolo: disumanizzare l’uomo attraverso la tecnologia che ora inizia anche a occuparsi di etica, di morale e di spiritualità, invadendo lo spazio della coscienza personale. E così l’intelligenza artificiale sta conquistando sempre più spazio nella nostra società.

Accade già oggi: a valutare i requisiti per un colloquio di lavoro o per la concessione di un  prestito sono spesso e volentieri dei robot. Non di rado assistono anche gli anziani e parlano con le persone.

Mindar, il monaco-robot del tempio buddista di Kyoto – photo web source

E ora gli androidi stanno cominciando anche a entrare nel campo della religione. Robot che guidano la preghiera dei fedeli, predicatori artificiali che insegnano la morale. Solo fantascienza? No, uno scenario che sta diventando realtà.

Lo mostra un servizio della BBC intitolato “Dio e i robot: l’intelligenza artificiale sta per trasformare la religione?”. Andato in onda a fine ottobre, il programma documenta come l’intelligenza artificiale (“la tecnologia che permette a un computer di pensare come un essere umano”) sia ormai presente ovunque, a cominciare da assistenti digitali come Siri e Alexa. Ma soprattutto mostra come diverse fedi religiose stiano cominciando a farne largo impiego.

Mindar, il monaco robotico di Kyoto

Ad esempio a Kyoto, nel tempio zen di Kodaij, la preghiera già è guidata da un robot. Il suo nome è Mindar, è costato un milione di dollari e ha le sembianze di Kannon, dea della misericordia e della compassione.

Il monaco del tempio buddista ne è convinto: l’androide potrà insegnare ai fedeli “la vera essenza del buddismo”. Questo perché, confessa all’intervistatrice, a differenza sua e di qualunque altro monaco al mondo il robot non morirà mai. E grazie all’intelligenza artificiale potrà acquistare una infinita sapienza.

Verrebbe da replicare che è ben difficile che ciò non è mai stato vivo – come una macchina – possa morire, ma tant’è…

Dal rabbino virtuale a SanTo, l’Alexa cattolica

In Germania abbiamo invece il robot umanoide BlessU-2. Creato per celebrare i 500 anni della Riforma protestante, offre benedizioni in otto lingue.

Non sempre però i robot religiosi sono fatti di metallo e circuiti. Per l’ebraismo c’è l’algoritmo Robo-Rabbi, un rabbino virtuale, un’applicazione che usa l’intelligenza artificiale per rispondere alle domande e dare consigli spirituali personalizzati (che comunica giornalmente con un messaggio di testo).

Anche in ambito cattolico non mancano gli esempi di robotica religiosa.  Ecco allora SanTo (Sanctified Theomorphic Operator), una statuetta di un metro e mezzo inventata dalla Pontificia Università Cattolica del Peru. Pensato soprattutto per praticanti anziani, SanTo è capace di raccontare le vite dei santi, di riferire le omelie papali, di citare versi della Scrittura. Può anche rispondere alle domande dei fedeli (anche se non sempre con grandi risultati) e accompagnarli nella preghiera.

L’automa si trova attualmente in Polonia, in una parrocchia di Varsavia. È stato assemblato da un ricercatore italiano di nome Gabriele Trovato. Durante i lockdown, nel momento in cui era impossibile frequentare le chiese, Trovato ha pensato a questa specie di “Alexa cattolica” in grado di confortare i fedeli.

SanTo e Mindar sono robot teomorfi, cioè costruiti in modo da riprodurre simboli sacri già appartenenti all’immaginario culturale e religioso del fedele. Questo allo scopo di creare un senso di familiarità.

Il Medioevo e gli automi

A fare problema non è tanto la presenza e l’uso di esseri meccanici in un contesto religioso. L’Europa del tardo medioevo e della prima età moderna era affollata di automi a forma di persona o di animale. Era una sorta di divertimento e di attrazione turistica, ma anche un mezzo per alimentare la devozione popolare.

È famoso ad esempio il Cristo meccanico della Croce di Grazia (Rood of Grace), un crocifisso del XV secolo custodito nell’abbazia di Boxley nel Kent (nel sud-est dell’Inghilterra). Molti pellegrini erano attirati da questo meccanismo che muoveva gli occhi grazie a un ingegnoso congegno di fili e di verghe.

Non era un esempio isolato. Chiese e cattedrali ospitavano molti di questi automi (santi, diavoli, angeli meccanici). Erano molto popolari e i missionari gesuiti li portarono in Cina. Anche Filippo II di Spagna, sovrano celebre per il suo fervore religioso e la strenua difesa dell’ortodossia cattolica, si fece costruire un monaco meccanico (l’ipotesi è che fosse un’offerta votiva, cioè che solo a Dio fosse concesso di vederne il meccanismo nascosto che consentiva al corpo di legno dell’automa di baciare un rosario). Tra Quatto e Cinquecento c’era anche un fiorente teatro a sfondo religioso che si serviva di macchine – commissionate di solito agli orologiai – per mettere in scena rappresentazioni ispirate ai racconti biblici.

La Chiesa e la robotica religiosa

Come scrive la storica Jessica Riskin nel suo libro “The Restless Clock” (L’orologio irrequieto), “le prime figure meccaniche moderne sono state principalmente trovate in chiese e cattedrali e esponevano temi religiosi. […] In breve, l’’Europa durante il tardo Medioevo e il Rinascimento era piena di esseri meccanici e la Chiesa cattolica era il loro principale mecenate. […] La Chiesa cattolica era la culla dell’universo meccanico e dei suoi abitanti meccanici”.

Il quadro cambiò radicalmente con la Riforma protestante a causa del suo rifiuto delle immagini e, in generale, di ogni rappresentazione divina. I riformatori rifiutarono ogni mediazione tra cielo e terra, tra grazia e natura, tra Dio e l’uomo. Perciò condannarono come sacrileghe e idolatriche le immagini dei cristi, dei santi e delle madonne che riempivano le chiese medievali. E questo con una furia iconoclasta che finì per travolgere anche le figure meccaniche.

SanTo, il robot che accompagna nella preghiera – photo web source

Ancora oggi comunque ci sono processioni o eventi – come la processione di Pozzallo o la Settimana Santa di Ayacucho, in Perù – dove si possono vedere statue della Vergine Maria e di Gesù che muovono le braccia – mosse dagli operatori – e poi si abbracciano.

Si sta superando un limite?

Le cose però sono cambiate. Adesso non si tratta più di mettere la tecnologia al servizio dell’umanissimo bisogno di adorare Dio. La sensazione è che si stia varcando una frontiera da non oltrepassare, col rischio di disumanizzare l’uomo attraverso la tecnologia.

Più di un segno sembra confermarlo. Non tutti infatti condividono l’entusiasmo del monaco buddista di Kyoto. Al contrario, diversi fedeli trovano perturbante l’esperienza di preghiera con un robot umanoide. È il paradosso della Uncanny Valley (la “Valle Perturbante”) secondo il quale più cresce la somiglianza fisica dei robot agli esseri umani, più cresce la familiarità e l’empatia degli esseri umani verso i robot. Il problema è che questo sentimento sembra valere solo fino a una certa soglia, superata la quale la somiglianza finisce per suscitare invece un senso di repulsione e di inquietudine.

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È un effetto ben conosciuto dagli psicologi. Nel campo della psicoanalisi l’aggettivo “perturbante” indica una realtà che si rivela allo stesso tempo familiare e estranea. Questa associazione tra sentimenti contrastanti, lungi dal confortare, genera confusione, disagio, spaesamento. Nei casi estremi anche un senso di orrore e angoscia.

L’intelligenza artificiale vuol fare la morale?

Tra i segni perturbanti c’è senz’altro il tentativo di assegnare all’intelligenza artificiale il ruolo del profeta, della guida morale.

È il caso di Ask Delphi (ovvero “Chiedilo a Delfi”), l’intelligenza artificiale che dà risposte ai dilemmi morali. Basta collegarsi a un sito e formulare una domanda nello spazio creato per accogliere i quesiti dei navigatori. Poi arriva la replica dell’intelligenza artificiale. La risposta viene elaborata potendo attingere alla piattaforma digitale Reddit, il sito di social news da mezzo miliardo di utenti che fornisce 1 milione e 700mila esempi di dilemmi morali e giudizi umani. Secondo i suoi ideatori (Università di Washington e Allen Institute for AI), Ask Delphi è un sistema che aspira a plasmarsi sul pensiero di un individuo medio americano e in grado di correggersi per arrivare a comprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

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Il problema a questo punto appare chiaro.

Nonostante le rassicurazioni dei suoi creatori, che invitano a non prenderlo come un oracolo, Ask Delphi entra direttamente nella sfera di competenza della coscienza morale. Ma perché ci sia coscienza occorre che ci sia un’anima. E i robot – su questo punto nel servizio della BBC concordano sia il sacerdote cattolico che il rabbino – l’anima non ce l’hanno.

La coscienza non è cosa da robot

La coscienza non è semplicemente il luogo che raccoglie il senso comune, il pensiero dell’uomo medio del suo tempo (che può essere condizionato da errori e false ideologie; chiedete ad Ask Delphi se l’aborto è una buona cosa, ad esempio: vi risponderà “it’s okay!”)

La coscienza, spiegava il grande scrittore cattolico Romano Guardini, è quella cosa in noi che, per la sua natura, risponde al bene come l’occhio risponde alla luce. Si badi bene però: il bene non è una idea astratta o una norma esteriore. Il bene è qualcosa di spiritualmente vivo che si presenta interiormente. “È la vita infinita che viole essere inserita in questa realtà”, scrive Guardini. La coscienza, sotto questo punto di vista, è una sorta di organo del senso morale per mezzo del quale riconosciamo il bene da incarnare in questo determinato momento e in questo determinato luogo. È “la porta, per la quale l’eterno entra nel tempo”.

“Oracolo” di Ask Delphi sull’aborto – photo web source

Ma se il bene è una realtà viva, come potrà mai passare attraverso una cosa non-viva come una macchina? E come potrà una entità senz’anima comunicare con l’eterno?

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Senza contare che il senso morale, cioè la facoltà di distinguere tra il bene e il male, da solo non basta. C’anche bisogno di quel sentimento morale conosciuto come “compassione”: la sollecitudine, la capacità di preoccuparsi per una persona, la disposizione a prendersene cura. Una cosa non-viva, per quanto dotata di intelligenza artificiale, potrà mai provare la compassione?

Un cyber-oracolo?

Che Ask Delphi aspiri a esercitare una funzione profetica è ambizione rivelata dal suo stesso nome che contiene un chiaro riferimento a Delfi, la storica città dell’antica Grecia che ospitava il tempio di Apollo. Al suo interno, in un locale sotterraneo, la sacerdotessa Pizia raccoglieva la parola del dio. Per farlo doveva stare su un foro o un crepaccio aperto nella terra sotto il quale scorreva una fonte sotterranea, carica di gas inebrianti. Attraverso questo foro le giungeva l’ispirazione divina.

Quando la Pizia emetteva l’oracolo, dalla sua bocca uscivano suoni quasi incomprensibili. È qui che entravano in gioco i prophetes, i profeti. La loro missione era quella di interpretare e mettere per iscritto le parole della sacerdotessa Pizia. I profeti non erano dunque né dei deliranti né dei visionari. E meno ancora parlavano per conto proprio (profeta significa “colui che parla per”). Profeti erano coloro che cercavano, con mente lucida e buon senso, di dare un volto comprensibile al messaggio divino.

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I nuovi “profeti” di Ask Delphi provengono invece da una giuria selezionata da Amazon. Per essere scelti, i partecipanti devono svolgere un test per qualificare la propria integrità morale. Ovviamente i criteri per essere ammessi alla selezionata giuria coincidono, guarda caso, coi canoni del politicamente corretto.

“A quel punto – ci informa il giornalista Francesco Gottardi – ogni domanda viene sottoposta a una triade casuale di arbitri, che decide a maggioranza. Nel 92 per cento dei casi, sostengono i ricercatori, i responsi del [ro]bot coincidono con quelli della giuria reale così individuata”. Così è lecito concludere, scrive sempre Gottardi, che il cyber-oracolo esprime soltanto “il pensiero unico del mondo anglosassone contemporaneo”. Certo non il vertice della lucidità, della razionalità, del buon senso…

L’illusione dell’onnipotenza

In conclusione, i credenti nel Medioevo si emozionavano davanti a degli automi. È vero. Ma quelle emozioni non li scollegavano dalla realtà o dalla natura. E meno ancora li separavano da Dio. Erano coscienti che si trattava di una messa in scena! Sapevano che un conto sonoo le opere dell’uomo, un altro le promesse dell’eternità. Così lo stupore e la meraviglia provocati in loro da quelle opere dell’ingegno umano potevano ben elevare le loro anime fino a Dio.

Dietro alla moderna intelligenza artificiale, invece, cova in agguato una terribile tentazione: quella di voler creare una realtà artificiale e sostitutiva che non mette l’uomo in comunicazione con Dio ma solo con sé stesso e con la sua brama di onnipotenza.

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