Come trasformare una crisi dolorosa in una grande opportunità?

Al giorno d’oggi, il matrimonio non è la più facile delle realtà. Ci sono però almeno tre passi evangelici che indicano la strada maestra per fare tesoro delle esperienze negative.

Dalle crisi si esce sempre migliori o peggiori, mai uguali a prima. Ciò è vero più che mai nelle crisi coniugali. Lo ha ricordato papa Francesco, in un’udienza all’associazione Retrouvaille, che aiuta le coppie desiderose di salvare il proprio matrimonio o fidanzamento.

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Ritrovarsi per guarire insieme

Ricevendo venerdì scorso in Vaticano, i membri di Retrouvaille, il Santo Padre ha ribadito una serie di capisaldi: “la crisi aiuta a crescere”; non bisogna avere “paura di cadere nel conflitto; dalla crisi “difficilmente si può uscire da soli”.

L’incontro è avvenuto nell’ambito delle iniziative dell’Anno della Famiglia Amoris laetitia, indetto un anno fa, ed è proprio all’omonima esortazione apostolica del 2016, che il Pontefice ha attinto, in particolare ai capitoli dedicati alle crisi familiari (cfr 232-238).

Una crisi coniugale, ha proseguito il Papa, può essere una opportunità”, per quanto “dolorosa”, di compiere “un salto di qualità nella relazione”. Chi ne è uscito, come i membri di Retrouvaille può quindi ben testimoniare di aver “preso in mano la crisi e cercato la soluzione”, diventando un esempio per “altre coppie ferite”.

Grazie a Dio e con l’aiuto dei fratelli e delle sorelle siete guariti; e avete deciso di condividere questa vostra esperienza, di metterla al servizio di altri”, ha detto Francesco rivolto ai presenti. “Anche noi, preti e vescovi – ha puntualizzato – dobbiamo andare su questa strada, far vedere che la crisi è un’opportunità”.

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Nella testimonianza resa al Vescovo di Roma, le coppie di Retrouvaille hanno accostato i due passi evangelici del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37) e di Gesù risorto che mostra le piaghe ai discepoli.

Tra questi due episodi, ha osservato Bergoglio, c’è un “legame” stretto, in quanto nel Samaritano si intravede la figura stessa di Gesù che “che conserva nel proprio corpo glorioso le piaghe e proprio per questo – come dice la Lettera agli Ebrei (cfr 5,2) – sente compassione per quell’uomo ferito abbandonato lungo la strada, per le ferite di tutti noi”.

Siamo capaci di comprendere la croce?

L’altra parola chiave nella crisi coniugale è “accompagnare”, che rende i coniugi “protagonisti di una comunità che accompagna”. Nel caso di Retrouvaille abbiamo una di quelle esperienze suscitate dallo Spirito Santo per rispondere ad “esigenze nuove”.

In questo caso, ha osservato il Santo Padre, c’è un altro passo evangelico che può aiutare. Quando Gesù incontra i discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-53), “si mette a camminare al loro fianco lungo la strada, senza farsi riconoscere. Ascolta la loro crisi. Li invita a raccontare, a esprimersi. E poi li riscuote dalla loro stoltezza, li sorprende svelando a loro una prospettiva diversa, che già c’era, era già scritta, ma loro non l’avevano compresa”.

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Ciò che i discepoli di Emmaus non avevano compreso è che “il Cristo doveva soffrire e morire sulla croce, che la crisi fa parte della storia della salvezza”. Del resto, ha aggiunto il Pontefice, “la vita umana non è una vita di laboratorio o una vita asettica” ma “una vita con tutti i problemi che vengono tutti i giorni”.

Con quei due viandanti, Gesù non si è messo a “guardare l’orologio” ma ha voluto “perdere tempo” con loro, come è opportuno fare in tutte le situazioni di crisi”, in cui “ci vuole molto tempo, ci vuole pazienza, rispetto, ci vuole disponibilità”. “Accompagnare”, ha concluso il Papa, vuol dire anche questo.

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