La mancanza più grave che un cristiano possa commettere è di affidarsi all’uomo e non a Dio, ma forse la più ingannevole è avere dei pre-giudizi. Questi sembrano dare il diritto di valutare ciò che i prelati ci manifestano, nel tentativo di educarci cristianamente e portarci (come è loro compito) al Padre; mettono in discussione il loro operato e mirano a valutare se essi si siano lasciati o meno guidare dallo Spirito Santo, nelle loro enunciazioni.
Sappiamo che tutti i fedeli cristiani sono affidati a sacerdoti specializzati e soprattutto al Papa che, quando è nel pieno del suo esercizio, rappresenta il Dio in terra.
Questo vuol forse dire che ogni parola dei prelati, di alto o basso rango, è parola di Dio? La risposta è “No”, poiché anche essi sono umani e corruttibili (nonché ingannati dal nemico) e discernere la volontà di Dio dalla propria è un processo, non semplice, che richiede una fede incrollabile e matura.
Allo stesso tempo, però, nessuno di noi è autorizzato a mettere in discussione le loro espressioni, il loro modo di esplicitare il proprio compito spirituale e temporale, per non cadere nel giudizio infruttuoso e arrogante di chi pensa di potersela cavare senza Dio e senza le sue guide.
E’ il giudicare l’operato dell’altro, il valutare arbitrariamente se sia ispirato o meno da Dio, che ci induce allo scandalo e ci tappa gli occhi del cuore, nel processo di costruzione della pace e della carità, che dovrebbero contraddistinguere il popolo cristiano.
In questi giorni imperversano le notizie sulle possibili eresie del Papa. Ora, che qualcuno si permetta di porre le parole “eresia” e “Papa” nella stessa frase è, certamente, un grave peccato di saccenteria.
“Beatissimo Padre, con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica “Amoris laetitia” e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità.”.
Questo è solo l’inizio di una lettere firmata da 40 cattolici, qualcuno dei quali porta un nome altisonante.
Dal momento in cui è stata consegnata a Papa Francesco, l’11 Agosto, a quando è stata resa pubblica, il 24 Settembre, il numero dei sottoscriventi è anche aumentato.
Pare che, a tutt’oggi, Bergoglio non abbia dato cenno di voler, in qualche modo, rispondere alle provocazioni, ma forse è questa già una risposta, che potrebbe voler dire: “Lasciamo fare a Dio”.
Già, poiché è nell’umiltà del sapere attendere l’intervento, l’illuminazione, del Padre l’atto più autentico del porsi a servizio della Parola di Dio, affinché, con le nostre poche, umane risorse, comprendiamo “cosa fare”.
Nella lettera su citata, gli accusatori del Papa si riferiscono in particolare all’ottavo Capitolo del documento “Amoris laetitia”, ecco il pezzo incriminato:
“Per mezzo di parole, atti e omissioni e per mezzo di passaggi del documento “Amoris laetitia”, Vostra Santità ha sostenuto, in modo diretto o indiretto (con quale e quanta consapevolezza non lo sappiamo né vogliamo giudicarlo), le seguenti proposizioni false ed eretiche, propagate nella Chiesa tanto con il pubblico ufficio quanto con atto privato:
- “Una persona giustificata non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina, come se alcuni dei comandamenti fossero impossibili da osservare per colui che è giustificato; o come se la grazia di Dio, producendo la giustificazione in un individuo, non producesse invariabilmente e di sua natura la conversione da ogni peccato grave, o che non fosse sufficiente alla conversione da ogni peccato grave”.
- “I cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile dal coniuge con il quale erano validamente sposati e hanno contratto un matrimonio civile con un’altra persona (mentre il coniuge era in vita); i quali vivono ‘more uxorio’ con il loro partner civile e hanno scelto di rimanere in questo stato con piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà di rimanere in questo stato, non sono necessariamente nello stato di peccato mortale, possono ricevere la grazia santificante e crescere nella carità”.
- “Un cristiano può avere la piena conoscenza di una legge divina e volontariamente può scegliere di violarla in una materia grave, ma non essere in stato di peccato mortale come risultato di quell’azione”.
- “Una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza”.
- “La coscienza può giudicare veramente e correttamente che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, sono moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio”.
- “I principi morali e le verità morali contenute nella Divina Rivelazione e nella legge naturale non includono proibizioni negative che vietano assolutamente particolari generi di azioni che per il loro oggetto sono sempre gravemente illecite”.
- “Nostro Signore Gesù Cristo vuole che la Chiesa abbandoni la sua perenne disciplina di rifiutare l’Eucaristia ai divorziati risposati e di rifiutare l’assoluzione ai divorziati risposati che non manifestano la contrizione per il loro stato di vita e un fermo proposito di emendarsi”.
Tutte queste proposizioni contraddicono verità divinamente rivelate che i cattolici devono credere con assenso di fede divina. […] È necessario per il bene delle anime che esse siano ancora una volta condannate dall’autorità della Chiesa. Nell’elencare queste sette proposizioni, non intendiamo offrire una lista esaustiva di tutte le eresie ed errori che ad una lettura obbiettiva di “Amoris laetitia”, secondo il suo senso naturale e ovvio, il lettore evidenzierebbe in quanto affermati, suggeriti o favoriti dal documento. Piuttosto ci riferiamo alle proposizioni che Vostra Santità, mediante parole, atti e omissioni, ha in effetti sostenuto e propagato, causando grande e imminente pericolo per le anime.
Pertanto, in quest’ora critica, ci rivolgiamo alla “cathedra veritatis”, la Chiesa Romana, che per legge divina ha preminenza su tutte le Chiese e della quale siamo e intendiamo rimanere sempre figli leali. Rispettosamente insistiamo affinché Vostra Santità pubblicamente rigetti queste proposizioni, compiendo così il mandato di Nostro Signore Gesù Cristo dato a Pietro e attraverso di lui a tutti i suoi successori fino alla fine del mondo: “Ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”.
Rispettosamente chiediamo la Vostra Benedizione Apostolica, assicurandoLe la nostra devozione filiale in Nostro Signore e la nostra preghiera per il bene della Chiesa.”.
La lettera consta in effetti di 26 pagine, ma solo in una è contenuta la presunta eresia in 7 punti.
Ora -chiediamoci- siamo noi davvero in grado di parlare della Verità divina e di dettarne le regole o sarebbe più utile metterci in ginocchio e implorare la Sapienza, l’Intelletto e ogni altro dono dello Spirito di Dio, prima di pronunciare sentenze e accuse?