Storie incredibili: Da 70 anni le vittime innocenti non trovano pace

70 ANNI DI ERRORI BUROCRATICI

 

 

 

Non immaginavo di dover leggere quanto segue. Esprime il legittimo disappunto e lo sfogo, di uno dei sopravvissuti al massacro delle foibe, l’evento tragico di cui quest’anno ricorre il 70° anniversario.

Lui e altra gente, riuscita a sfuggire a quell’orrore, sono tutt’ora considerati esuli, né italiani, né sloveni, perché nati in Istria, un territorio conteso tra le due nazioni, durante la seconda guerra mondiale. Dopo tanto tempo, oltre a subire l’oltraggiosa dimenticanza di molti politici, sono costretti a ricordare l’accaduto continuamente, per risolvere inezie burocratici assurde:

Ecco le parole (liberamente tratte da una lettera) del nostro testimone, nato a Dignano d’Istria (Pola) nel 1941:

“ … sono esausto, quasi stremato, comunque tanto arrabbiato dentro, nel dover sempre raccogliere, dal 1947 ininterrottamente fino al 2017, notizie, fatti, offese che hanno investito noi giuliani, gli “italiani dimenticati”, esuli cui non è mai venuta meno la voglia di controbattere a vigliaccate, sovente effettuate con volontà effettiva o, comunque, dettate da una ignoranza che sa di cattiveria anche maggiore. Mi spiego meglio …

2014-2016 Nel mese di aprile del 2014 leggo un titolo a grandi caratteri, sul giornale La Stampa: “Mai case popolari ai fascisti, gli esuli istriani senza pace”. Il tutto si riferisce al fatto che, da quasi sessant’anni, gli esuli istriani, alloggiati nelle case popolari di Lucento a Torino, non possono ancora acquistare, a prezzi di favore come una apposita legge del 1955 prevede, gli alloggi in cui abitano e che chi si oppone sono diverse associazioni politiche, tra cui l’Anpi (i partigiani italiani), gli stessi che nella ricorrenza del 10 febbraio 2016, nostro Giorno del Ricordo, si sono adombrati, perché era stata organizzata una piccola cerimonia al Camposanto Monumentale di Torino, davanti al significativo monumento che ricorda i nostri morti (lo riferisce sempre il quotidiano La Stampa). Assurdo: c’è ancora qualcuno che continua a vedere rosso, al solo nominare gli istriani: ma, insisto nel chiedermi, cosa abbiamo fatto di tanto grave?

2015-2016 Il sottoscritto, come succede, credo, a tutti i pensionati, nel mese di gennaio riceve il Cud dell’Inps con, quell’anno, un ulteriore foglio allegato. Sul foglio, in calce, è scritto che “il suo codice fiscale non è validato”, quindi viene indicato l’ufficio dell’Inps ove rivolgersi. Vado in Corso Turati, a Torino, faccio quasi un’ora di coda e subito dopo mi viene detto che per quelle cose devo uscire, girare a destra e salire al nono piano. Qui incontro un impiegato, molto cortese, che mi chiarisce il problema. Il sistema informatico dell’Inps non recepisce che io sia nato a Dignano d’Istria, in Italia nel 1941, e pertanto, se voglio continuare a prendere la pensione (meno di 800 euro!), devo inserire un altro dato. Mi viene suggerito, da quel signore, che evidentemente è un burocrate alla massima potenza, di inserire Slovenia o Croazia ed io quasi svengo dall’affronto …

2017 Una signora istriana, nata a Pola nel 1938, poche settimane addietro si reca in un ufficio della Regione Piemonte, in Piazza Castello, in quanto deve rifare le pratiche per riavere un tesserino di libera circolazione, che le era stato rubato con la borsetta mesi fa. Ad un certo punto l’impiegato (che già l’aveva fatta girare da un ufficio all’altro, senza comprendere cosa volesse!) le chiede le generalità e quando si tratta di indicare sul documento la nazione dove la signora è nata, lei risponde Italia: nel 1938 l’Istria faceva parte (come da circa due millenni: vedere Roma e Venezia!) della nostra nazione. “No -le risponde l’impiegato- Italia non viene accettata.”. Gli fa notare che c’è una legge apposita, gliela mostra tirando fuori dalla borsetta dei fogli in A4, lui duro dice che può solo scrivere “Stato estero”. Ma come, stato estero, se era Italia, se c’è una legge specifica! Niente da fare. Deve accettare.

Poco prima di uscire, però, la signora si volta e quasi piangendo, gli dice: “Ma lei sa che sono morti quasi 600.000 nostri connazionali, di tutte le regioni della penisola, per riportare Trieste, l’Istria, Fiume e la Dalmazia nei nostri confini?”. Quello muto e quasi le ride in faccia …”.

Meglio rimanere in silenzio davanti a queste mancanze di rispetto, in attesa che le nostre preghiere vengano accolte dal Signore, quelle per i defunti delle foibe e per gli esuli (in tutto il mondo), costretti a pagare un debito storico che appartiene a tutti.

Grazie al signor Tito Delton, ex calciatore, per questa toccante testimonianza e per avere contagiato a noi tutti la sua dignità.

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