Sempre più spesso i figli vengono tolti alle famiglie, ma è davvero necessario?

 

 

 

BAMBINI STRAPPATI ALLE FAMIGLIE

 

 

 

Le notizie di bambini tolti alle famiglie di origine e affidati alle case famiglia, o ad altri, si stanno moltiplicando, ma le motivazioni troppo spesso non compensano assolutamente il trauma provocato, ai piccoli come agli adulti.

Così a Cagliari l’ennesimo caso di un genitore, un tunisino di 44 anni, che si da fuoco nel tribunale dei minori, dopo che la sentenza del giudice gli aveva negato la patria potestà di tre figli, di 9, 10 e 12 anni, per  indigenza. Dei bambini sono state avviate anche le pratiche di adozione, per cederli ad una famiglia più abbiente.

Allora ci si chiede: quanto la povertà dei genitori o la loro ricchezza possano negare o garantire, rispettivamente, la serenità, l’amore genitoriale, il legame tra un bambino e mamma e papà?

Gesù era figlio di un artigiano, venuto al mondo in una mangiatoia e -mi pare- se la sia cavata abbastanza bene, davanti dai sapienti dottori dell’epoca … al tempo e alla storia.

Certo le ristrettezze economiche oggi fanno più paura che nel dopoguerra, epoca in cui era condizione comune, danno adito a privazioni di ogni sorta.

Allora lo Stato, che pur investe negli istituti che ospitano i bambini e i ragazzi prelevati dalle famiglie, dovrebbe forse creare una rete tale da salvaguardare, in ogni suo aspetto, l’intera famiglia, in modo da non sgretolare un nucleo di base in cui ogni figlio ha diritto di crescere.

Allontanare forzatamente crea sindromi di abbandono molto gravi, con effetti simili a quelli di un lutto, che segneranno la vita dell’individuo/minorenne per sempre, ma anche quella del genitore che si sentirà fallito nel suo ruolo.

Ecco alcune dichiarazioni dell’Onorevole Michela Brambilla, in una relazione della Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza:

“Alla commissione arrivano continuamente segnalazioni e denunce su allontanamenti di minori dalle famiglie, troppo spesso disposti all’esito di analisi frettolose di separazioni conflittuali o di difficoltà economiche familiari o sulle condizioni igienico-sanitarie di alcune case famiglia o peggio ancora su casi di maltrattamenti ed abusi in quel contesto. E’ tempo di fare chiarezza non soltanto sulle situazioni particolari, delle quali già si occupa la magistratura, ma su tutto un sistema caratterizzato, nel complesso, da poca trasparenza e troppa discrezionalità.”.

Gli istituti che ospitano i bambini o i ragazzi possono sicuramente, se opportunamente gestiti, essere di aiuto e sostegno, ma dovremmo servircene solo in casi realmente accertati di maltrattamento dei minori o altre gravi mancanze affettivo-educative, per non rendere i minori soli e smarriti, quando non sarebbe affatto necessario, vittime indifese e senza possibilità di replica, di una società povera soprattutto di valori. Ne va del loro futuro e di quello della Nazione intera.

Dice ancora la Brambilla: “Di per sé le condizioni di indigenza non possono impedire o ostacolare l’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. L’allontanamento è la certificazione di un fallimento dello Stato: invece di aiutare, con risorse o servizi adeguati, la famiglia e il minore che ci vive, la mano pubblica rischia di peggiorare le cose negando a un bambino il diritto di crescere tra i suoi, garantito dalle convenzioni internazionali, e creandogli un trauma probabilmente indelebile. Occorre invece sostenere la genitorialità con programmi di supporto e dare maggiore e migliore ascolto al minore stesso.”.

 

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