A Istanbul, in occasione della preghiera del venerdì, si è tenuta la cerimonia di conversione della Basilica Santa Sofia in moschea.
Un evento molto doloroso voluto dal “sultano” Erdogan che punta, in un periodo molto anche per la politica interna turca, a recuperare consenso e fiducia sul piano prettamente politico. Utilizzando simboli fortemente legati alla tradizione del paese, erede dell’Impero Ottomano.
La triste posizione aggressiva del “sultano” Erdogan
Una decisione che purtroppo, secondo molti commentatori, pare voler significare una posizione aggressiva e sfidante nei confronti dei paesi europei e occidentali. Con implicazioni necessariamente delicate e importanti sul fronte geopolitico. E inevitabilmente anche su quello religioso.
Il turco musulmano Cenap Aydin, direttore a Roma dell’Istituto Tevere, organizzazione no-profit che promuove cultura e dialogo interreligioso in particolare tra l’islam e il cristianesimo cattolico romano, in un’intervista realizzata dall’agenzia dei vescovi italiani Sir ha spiegato che, al contrario di quanto l’azione di Erdogan possa fare pensare, “la religione islamica non incoraggia nessun tipo di conversione di edifici di culto altrui”.
L’utilizzo improprio dei simboli della religione per scopi politici
Spesso infatti le critiche rivolte a una parte dell’islam che tende a fare del puro proselitismo religioso una ragione di esistere, financo giustificata dalla violenza nei gruppi più estremisti o addirittura terroristi, non hanno ragione di esistere per quella parte di islam “moderato” che vive e opera con grande correttezza all’interno delle nostre società.
Purtroppo questo tipo di discorso non vale per tutto l’islam. Un mondo variegato e frammentato in numerosi movimento diversi tra loro e non facenti capo a nessuna autorità unica (come ad esempio può essere il Papa per i cattolici). Ma Aydin ovviamente tutto questo lo sa bene. Al microfono dell’agenzia del vescovi cerca di entrare nel merito della questione.
Le ragioni esclusivamente politiche del gesto provocatorio
“Ci sono stati molti esempi in questo senso nella storia. Forse il più significativo è quello di Omar, il secondo Califfo del profeta Maometto: quando entrò a Gerusalemme, fu invitato a pregare nella chiesa del santo Sepolcro ma lui rifiutò. Non vedo quindi un motivo religioso dietro la conversione di Santa Sofia in moschea ma un chiaro atto politico”, spiega.
Ovvero un atto legato al triste utilizzo della religione nella sfera politica che caratterizza questi anni di crisi, tanto socio-economica quanto paradossalmente di fede. Alle chiese spesso purtroppo vuote si affiancano infatti anche in Occidente leader politici che cercano di utilizzare la religione e in particolare i simboli religiosi come veicolo di consenso elettorale, per potersi garantire i propri interessi politici.
“Santa Sofia è un monumento che appartiene all’umanità”
Comportamenti molto gravi che trovano in una figura come Erdogan una delle espressioni massime, con tutte le delicate conseguenze che però, purtroppo, sono inevitabili per un caso clamoroso come quello della conversione della Chiesa di Santa Sofia in moschea.
“Santa Sofia è un monumento che appartiene all’umanità”, ha spiegato Aydin. “Purtroppo, è stata strumentalizzata per motivi politici interni e regionali. La cosa più importante ora, soprattutto per l’intera regione del Mediterraneo, è che questo atto politico non cambi le nostre agende di dialogo politico, interculturale e interreligioso. Anzi, deve rafforzare la nostra volontà a costruire un mondo di pace attivando processi di riconciliazione non di divisione”.
La decisione presa senza nessun dialogo con il Patriarcato ecumenico
La decisione è stata infatti presa senza nessun dialogo né con le istituzioni internazionali né con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Una mancanza grave che mina il dialogo con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, la cui sede al Fanar è presenza storica e fondamentale del paese, da secoli.
Ed è evidente che non ci sia alcuna necessità religiosa, visto che poco distante da Santa Sofia c’è la Moschea Blu, luogo di visita anche di numerosi papi, tra cui di recente Francesco.
Erdogan ha bisogno di rafforzare il consenso popolare
“Erdogan ha bisogno di rafforzare il proprio potere in un momento in cui il suo partito sta attraversando una situazione molto difficile dopo aver perso alle recenti elezioni due grandi città come Istanbul e Ankara e dopo che i due più stretti collaboratori – gli ex ministri per gli Affari esteri ed ex ministro delle Finanze – hanno deciso di fondare due partiti di opposizione”, ha spiegato il direttore dell’Istituto Tevere.
Ma lo stesso popolo turco, tuttavia, pare essere diviso su questa azione del presidente Erdogan. I sondaggi sembrano restituire numeri contradditori. Alcune parlano di un 70 per cento della popolazione a favore di questo gesto, altri spiegano che i dati registrano a malapena il 50 per cento di favorevoli.
I giovani turchi sono globalizzati e non sono interessati alla questione
I giovani in particolare, ha spiegato, non sono affatto interessai alla questione, e in molti casi nemmeno informati. Anche in Turchia i giovani vivono ormai in un mondo globalizzato, in cui le mode e i pensieri che passano in rete fanno presa fin dalla tenera età.
“Quello che non si capisce, è perché: il tempo passa, viviamo in un’altra epoca”, ha così commentato Aydin. Con una nota però, in conclusione, amara. “Purtroppo, la conversione di Santa Sofia in moschea è il segno che c’è ancora qualcuno che vuole tornare indietro nel tempo minando il processo di riconciliazione che la Turchia ha intrapreso con il suo passato”.
Il delicato momento per il dialogo interreligioso
Il momento perciò diventa delicato anche per chi crede nel dialogo religioso. “Emerge in questo senso un grande esempio di leader religioso ed è San Giovanni XXIII: fu delegato apostolico in Turchia e Grecia dal 1935 al 1944″, spiega infine il direttore dell’istituto di dialogo interreligioso.
“Erano certamente tempi molto diversi ma dette prova di vivere la sua spiritualità promuovendo rapporti interreligiosi e al tempo stesso mantenendo massima prudenza. La sua testimonianza cristiana in terra turca è oggi appello a non cedere al pessimismo, a non perdere mai la speranza – per quanto grandi e complesse siano le sfide – per un futuro migliore”.
Le parole del Vangelo e la preghiera per la pace
Preghiamo che chi abbia responsabilità politiche e sociali possa intraprendere sempre la strada della pace e della concordia per il bene di tutti noi, non rinnegando il Signore e seguendo la strada da Lui indicata di fraternità, amore e rispetto.
C’è scritto infatti nel Vangelo: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle” (Matteo 5,38-42)
Giovanni Bernardi
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