Didattica online: un altro lock-down e una mamma su tre lascerà il lavoro

Se continueranno le stesse condizioni di didattica online, una mamma su tre pensa di lasciare il lavoro.

mamma lock-down didattica online

Si tratta dei tristi risultati che emergono da una ricerca dell’Università Bicocca di Milano. La causa sarebbe dovuta al fatto che nel tempo della chiusura dovuta al coronavirus le mamme lavoratrici hanno dovuto dedicare diverse ore al giorno, almeno quattro, ad aiutare i figli a fare i compiti. Un segnale di grande difficoltà che pone tante donne di fronte a un bivio, e la politica di fronte a delle scelte da compiere.

La ricerca sulla didattica a distanza con risultati inquietanti

La pedagogista dell’università Bicocca di Milano Giulia Pastori ha spiegato all’agenzia Agi che nel proporre il quesito a un numero di settemila nuclei familiari composti da adulti con figli minorenni, in cui la risposta era richiesta a un solo genitore, nel 94 per cento dei casi ha visto la risposta della mamma. A testimonianza del fatto che in Italia sono le donne ad occuparsi dei figli. Per tradizione, cultura, attitudine o semplicemente abitudine.

L’obiettivo dell’indagine realizzata dall’università sarebbe quello di comprendere meglio la situazione vissuta da giovani e famiglie alle prese con la didattica online durante la quarantena dovuta al coronavirus. Mettendo in luce le problematiche e la ricaduta sociale che deriva dall’insegnamento a distanza.

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Lo studio: la didattica a distanza “non è compatibile con il lavoro”

Il primo dato che salta agli occhi è che ben il 65 per cento delle mamme pensa che la didattica a distanza “non sia compatibile con il lavoro“. Di conseguenza, pensano che continuando di questo passo si troveranno costrette a lasciare l’occupazione. Senza alcun indugio. Alla domanda diretta posta dal questionario, infatti, il 30 per cento ha risposto “chiaramente di sì”.

Per questo, la conclusione che gli intervistatori hanno tratto è che il governo, nel prendere decisioni su come affrontare la pandemia, non ha abbastanza considerato l’importanza di riaprire le scuole, per quanto le riguarda la ricaduta sulla “tenuta sociale” e sul “lavoro femminile”. Per quest’anno, il timore è che si vada incontro allo stesso errore in caso si presenti in autunno una seconda ondata del virus.

Le difficoltà delle mamme in quarantena

Se le mamme infatti durante la quarantena hanno dedicato quattro ore al giorno ad aiutare i figli nello studio, questo è l’equivalente di un secondo lavoro part-time. Da aggiungere però al proprio vero lavoro. Oltre che alla cura della casa. Entrando nel dettaglio della ricerca, le donne che hanno risposto sono state per il 98 per cento di nazionalità italiana.

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Il 41 per cento ha il diploma superiore, il 38 per cento una laurea, il 15 per cento un master post laurea, e tutte vivono mediamente una condizione di relativo benessere. Di queste, il 67 per cento ha continuato durante la pandemia a lavorare in remoto. Il 62 per cento di queste, come dipendenti. Il 18 per cento con partita iva mentre il 4 per cento ha ricevuto la cassa integrazione.

La voragine del problema educativo in Italia

Alcune tra queste donne “sono riuscite ad ironizzare sulle acrobazie quotidiane della gestione della famiglia con lo smart-working, che peraltro annulla i confini tra la vita privata e quella lavorativa e non concede orari”, spiega la promotrice dell’indagine. Il punto è che chiudere le scuole non può essere la soluzione per affrontare il problema del coronavirus.

Tutto ciò mette anche in luce la voragine del problema educativo in Italia. Con strutture carenti al punto da essere “ridotte all’osso“, con una “concezione didattica e pedagogica vecchia”. Al punto che in una precedente ricerca ragazzini stranieri venuti a studiare in Italia, nel valutare le scuole del nostro Paese, si sono stupiti di quanto siano “brutte, piccole, sporche e noiose, prive di palestre e spazi aperti”.

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Il grande assente: il malessere dei bambini

Mentre infine “il grande assente“, scrive la ricercatrice, è stato “il malessere dei bambini, ma soprattutto dei ragazzi: si pensa che soprattutto quelli del liceo abbiano affrontato meglio la situazione, ma in realtà proprio loro soffrono l’assenza di vita sociale, perché sono in una fase della vita in cui hanno voglia di immergersi nel mondo”.

“Durante il confinamento sono aumentati nei ragazzi la scarsa concentrazione e la noia, i sentimenti malinconici, di solitudine e di rabbia”. Di cui hanno fatto le spese principalmente le mamme. “La frustrazione è dilagata anche in loro, mentre parallelamente nei figli aumentavano la dipendenza e il bisogno d’aiuto”.

Il problema demografico in Italia e ciò che ne sottende

Queste mamme hanno in media 1,4 figli, un numero più o meno in linea con la media nazionale. Che di fatto va a comporre il quadro della più bassa natalità mai avuta dall’unità d’Italia fino ad oggi. Un dato importante, da non sottovalutare ma al contrario da prendere in considerazione e mettere al centro di ogni azione sociale e politica.

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Se in Italia si fanno così pochi figli e se la famiglia è sempre più messa al margine, la politica deve necessariamente rispondere in maniera netta e la società ha bisogno di un vero e proprio cambio di passo. Che risponda al meglio alle esigenze della società ma soprattutto della famiglie.

Giovanni Bernardi

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