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Perché si pronuncia quella frase al termine della Santa Messa?

Quando partecipiamo alla Santa Messa, e ripetiamo insieme al sacerdote e a tutta l’assemblea quella formula, lo facciamo per abitudine o siamo davvero consapevoli di cosa significa?

Ce ne è una in particolare che il sacerdote dice alla fine della celebrazione. Perché la ripete? Cosa vuole dirci?

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Il perché di quella frase in particolare

Una formula particolare che sembra avere più valore se detta in latino, perché ci dà, quasi, un segno di invito a fare qualcosa. Cosa vuol dire, al termine della celebrazione Eucaristica, “Ite, Missa est”?, formula di congedo?

Nella traduzione in italiano della terza edizione del Messale Romano, dopo la Riforma Liturgica seguita al Concilio Vaticano II, sono presenti sette formule di congedo, tra cui “La messa è finita, andate in pace“, “Nel nome del Signore, andate in pace“, “Andate e annunciate il Vangelo del Signore”.

C’è un fedele che ha posto, fra l’altro, una domanda ben specifica: “La formula liturgica della fine della Messa, che in latino è ite, missa est, penso che con la traduzione italiana la Messa è finita, andate in pace abbia perso un po’ il suo significato”.

Il significato

Il termine “missa, tradotto in italiano “Messa”, mentre il termine latino “missio” tradotto in “Missione”. Derivano dalla stessa radice latina del verbo “mittere”, che vuol dire “inviare”.

Per questo, la formula quando veniva pronunciata in latino alla fine della Messa, come spiega il teologo su Famiglia Cristiana, “era più facile capire non solo che era finita la celebrazione, ma che si veniva inviati nel mondo, come per dire: “La Messa è finita, la missione comincia”.

Quando il sacerdote alla fine della messa dice questa frase, ci invia quasi come missionari nel mondo che è lì fuori le porte della parrocchia, ad annunciare la parola di Dio che abbiamo appena ascoltato.

La “Missio” che riceviamo ogni volta che andiamo a Messa

Finita la celebrazione, quindi, inizia la nostra “missione”, il nostro farci portatori della Parola in particolare ai fratelli che, da Gesù, sono più lontani. Portare Gesù e i suoi insegnamenti non solo “a parole”, ma anche con i nostri atteggiamenti, con il nostro modo di essere e di pensare. È uno dei principali compiti che Gesù ci ha lasciato.

E non l’ha lasciato soltanto agli Apostoli, dopo che questi ricevettero il dono dello Spirito Santo. Noi siamo una sorta di prosecuzione di quel primo annuncio che essi fecero a tutti i popoli. Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo e dobbiamo portare l’annuncio della buona novella di Gesù, il suo annuncio di salvezza e di pace.

LEGGI ANCHE: Santa Messa: l’importanza di quella frase prima di ricevere la Comunione

Gesù è sempre con noi

La “missio” che riceviamo dopo la Santa Messa, non deve ridursi solo al nostro cuore, ma deve effettivamente uscire, come direbbe Papa Francesco, dobbiamo “essere una Chiesa in uscita”. Gesù, nel Vangelo, ha detto: “Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo. Io sono con voi sempre!”.

Così dobbiamo fare anche noi, dopo la fine della Santa Messa.

LEGGI ANCHE: È noioso partecipare alla Santa Messa? Quale può essere la causa

Rosalia Gigliano

Scritto da
Rosalia Gigliano

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