Santa Messa: l’importanza di quella frase prima di ricevere la Comunione

Quando partecipiamo alla Santa Messa, non sempre poniamo la giusta attenzione sul senso delle “frasi” che si pronunciano in determinati momenti. Anzi: le ripetiamo come se fossero una cantilena. Ma hanno un significato profondo.

In particolare, poco prima della distribuzione dell’Eucarestia, c’è una frase che dovrebbe farci pensare, specie alla nostra condizione di peccatori nei confronti di Gesù.

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Il perché di certe espressioni a Messa

Una frase, una sola che ci fa capire quanto siamo peccatori verso Gesù ma che, nonostante tutto, lui ci perdona e continua ad offrirsi per noi. “Signore, non son degno di partecipare alla tua mensa”: molto forte come espressione e che, se compresa a pieno, ci fa capire quanto Gesù ama ciascuno di noi e perdona ogni nostro peccato se ci avviciniamo alla sua mensa con cuore pentito.

Si tratta di espressione alle quali dobbiamo fare più attenzione, ma che abbiamo anche la necessità che ci vengano spiegate. Per questo, un docente di liturgia ci descrive il significato di questa frase: “[…] Il continuo dei riti di comunione è costantemente una domanda di perdono e di misericordia al Signore […] perché il Signore non guardi al nostro peccato, ma alla fede salvante della comunità”.

L’avvicinarsi alla mensa Eucaristica in pace

Essere in pace con se stessi per potersi avvicinare alla Mensa Eucaristica: questo è un primo passaggio. “[…] Dopo il concilio di Trento ai parroci fosse richiesto di fare una piccola catechesi sull’Eucaristia prima che l’assemblea ricevesse il Corpo del Signore”. Il perchè di questo passaggio, scelti in questo momento storico particolare, si è posto per porre l’attenzione al fatto che la nostra partecipazione alla Santa Messa e, con cuore pentito e pieno di fede, alla Santa Eucarestia, “rimette i peccati, anche gravi” – continua il sacerdote.

Il sacerdote: “Quali sono i peccati che non ci fanno sentire la Comunione”

Avvicinarsi all’Eucarestia e comunicarsi è il segno che ciascuno di noi riconosce Gesù come il Signore. E che per parteciparvi è necessaria una vera vita di carità secondo l’insegnamento evangelico, ma anche la testimonianza autentica del nostro amore per Gesù, anche nella nostra vita. “La celebrazione è il cuore di questa carità mediante la quale il Signore si immerge in noi […] diviene la fonte unica e indispensabile per tornare ancora a un quotidiano che esprima la nostra vita di fede […]

Noi abbiamo uno schema dei peccati che diciamo «mortali» e per i quali andiamo subito a confessarci per sentirci la coscienza «a posto» e potere da «giusti» fare la comunione, cioè «mangiare l’ostia». Troppo spesso però dimentichiamo i veri peccati mortali che commettiamo nei confronti dei fratelli […] È per tale motivazione che difficilmente possiamo sentirci con la “coscienza a posto” quando partecipiamo al Banchetto” – spiega il docente.

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Il perché del “non esser degni”

Proprio per questo motivo, il ripetere questa frase così profonda e particolare, deve essere per noi uno stimolo a comprendere che, se ci troviamo in una situazione di peccato, che non sia per forza mortale, “non siamo degni” di sedere alla tavola con Gesù ed avvicinarci al suo banchetto: “[…] Non siamo degni, proprio in senso morale e che la parola del Signore, già pronunciata da lui nell’invito, ci salva, aprendoci alla verità del segno comunionale” – conclude il sacerdote.

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