Un medico che partecipa alle procedure di aborto non è sempre “complice” di quanto accade: Padre Angelo distingue chiaramente le diverse situazioni.
La chiara riflessione del Reverendo Padre Angelo dei Domenicani in merito alla complicità medica sull’aborto parte da un dubbio di un fedele. Un medico, specializzando, ha infatti chiesto chiaramente a Padre Angelo in quale occasione deve sentirsi responsabile di aver partecipato, attivamente, alle procedure di aborto.
Il quesito posto al Reverendo Padre è piuttosto chiaro: essendo la specializzazione del giovane medico in un ambito molto delicato come la cardiologia, il giovane si chiede come dovrà comportarsi nel caso in cui arrivino richieste di referti su una donna che voglia sottoporsi all’aborto. Il giovane fedele si chiede, per l’appunto: “Quando si può dire che si partecipa ad un aborto? I confini al momento mi sembrano un po’ indistinti”, dal momento che, solitamente, questo tipo di richieste arrivano anche per altri tipi di operazioni chirurgiche. La risposta del Reverendo Padre parte da un quesito, rivolto allo stesso fedele, un quesito che invita tutti alla profonda riflessione.
La risposta di Padre Angelo è un invito alla riflessione. Il Reverendo Padre chiede infatti al fedele: <<Se ti dicessero “vai a vedere i dintorni di quella casa per verificare che non ci sia nessuno perché vogliamo fare un furto” ci andresti?>>. Con ogni probabilità, la risposta sarebbe negativa, perché si conosce qual è l’intento di quelle persone. Allo stesso modo, se alcune persone chiedessero di controllare se ci fosse spazio libero, ad esempio in giardino, per fare alcune manovre con la macchina, la risposta sarebbe invece positiva, perché si tratta di una gentilezza.
Allo stesso modo, Padre Angelo riporta la questione della coscienza all’attività professionale del fedele: “Se ti viene detto espressamente che l’esame devi farlo in vista di un aborto, e cioè dell’uccisione di un bambino, devi appellarti alla tua coscienza e dire di no“.
Esiste poi una situazione ancor diversa su cui Padre Angelo fa chiarezza. Se al cardiologo in questione viene chiesto di controllare il cuore di una paziente, senza dire quale sia il motivo per cui quell’esame è richiesto, allora lo si fa e basta, perché si risponde al dovere. Infatti, in questo caso non è compito del medico chiedere se quell’esame viene svolto per un aborto o meno. In quel caso, ricorda il Reverendo Padre, “non vi sarebbe nessuna cooperazione specifica all’aborto“.
Fabio Amicosante
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