Aborto, nuove linee guida ed è polemica: “I bimbi non sono una malattia”

Le nuove linee guida sull’aborto permettono l’assunzione di una pillola abortiva sino alla nona settimana ed in day hospital. Il mondo cattolico si ribella.

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Tra le tante obbiezioni mosse all’aggiornamento delle linee guida, c’è il mancato rispetto dei diritti della madre e quelli del nascituro.

Aborto: le nuove linee guida generano polemiche

Un paio di giorni fa il Ministro della Salute Roberto Speranza ha comunicato che le linee guida sull’aborto farmacologico sarebbero state aggiornate. Di fatto questo aggiornamento consiste nella possibilità per le donne che abortiscono di farlo, in day hospital, tramite pillola abortiva RU486 fino alla nona settimana di gestazione. Tale cambio viene fatto in conformità con l’indirizzo di molti Paesi europei e con l’approvazione del Consiglio Superiore di Sanità.

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Ovviamente la decisione ha causato un polverone. Se la sinistra e il Movimento 5 Stelle hanno salutato l’aggiornamento come un passo in avanti nei diritti della donna, da destra si sottolinea soprattutto come questa decisione non tuteli la sicurezza delle donne stesse. Questo perché un aborto casalingo potrebbe causare problematiche di salute alla donna, ma anche perché in questa nuova direttiva non si tiene conto delle ovvie ripercussioni psicologiche di un simile atto.

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Un passo avanti?

Da un punto di vista esclusivamente etico non è possibile commentare una simile decisione con favore. Quando si parla di aborto, si parla dell’interruzione della vita di un essere umano. Da un punto di vista legale non si può interferire con la scelta del singolo, ma come Stato si può sicuramente fare qualcosa in più per creare le condizioni adatte a convincere le donne a tenere quel figlio. Sarebbe una scelta umana, etica, corretta. Ci troviamo, tra le altre cose, in un Paese la cui crescita della popolazione è in negativo già da qualche anno ed in cui chi vuole creare una famiglia è costretto ad emigrare.

Come detto da un punto di vista etico si tratta di una legge e di una scelta inaccettabili, specie per chi ha una cultura ed una formazione religiosa (non solo cristiano-cattolica). Eppure anche a livello lessicale si scelgono dei termini che sminuiscono la portata di una così significativa decisione. Lo fa notare in un articolo a riguardo ‘Informazione Cattolica’, nel cui pezzo si legge: “mi indispone anche l’uso del termine ‘aborto farmacologico’ perché i farmaci curano, e qui non c’è malattia da curare!“.

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Siamo dunque dinnanzi ad un passo avanti? Forse dal punto di vista della libertà individuale. Tuttavia non è pensabile scindere da questa annosa questione l’etica e la concezione stessa della vita. In questo mondo odierno si privilegia la libertà individuale e si tutelano i diritti dei singoli, scelte corrette, ma se questi aspetti vanno ad inficiare la vita stessa dove sta il progresso? Come fa l’essere umano a progredire in un mondo in cui la vita viene messa in secondo piano? Una realtà in cui la vita perde di significato non è forse destinata all’estinzione?

Luca Scapatello

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