Nel corso dell’udienza non si è deciso per il trasferimento al Bambin Gesù di Roma, come speravano i genitori del bambino i rappresentanti dell’ambasciata italiana ed i tanti che si sono appassionati alla vicenda, ma, semplicemente, al permesso di portare il bambino a casa dall’ospedale. Questo perché a detta dell’onorevole giudice Hayden la cerchia attorno alla famiglia Evans alimenta false speranze di ripresa. Insomma la vicenda Alfie Evans si è conclusa come quella di Charlie Guard e alimenta ancora una volta il dilemma etico sul limite da non oltrepassare per giungere all’accanimento terapeutico.
Ciò che non si comprende, inoltre, è il perché non è stato concesso il trasferimento in Italia, pur ammettendo che la futura terapia sarebbe stata probabilmente inutile al miglioramento delle condizioni del piccolo, perché togliere la seppur minima possibilità ai genitori? Perché non permettere ad un altro stato, con una legislazione differente, di prendersi carico dei costi di una terapia che in Inghilterra è stata giudicata non utile al miglioramento delle condizioni del bambino? Probabilmente la risposta è contenuta in quest’ultima domanda, ovvero nell’assoluta convinzione che qualsiasi altro tentativo non avrebbe giovato alla salute di Alfie, ma perché allora non accettare di avere una prova a sostegno di questa certezza?
Luca Scapatello
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