Il Miracolo eucaristico di Faverney contribuì a placare il calvinismo dilagante, alla fine del XVI secolo. Il calvinismo aveva preso piede in Francia e anche in molti Ordini religiosi, come quello Benedettino dell’abbazia di Faverney (che ospitava sei religiosi e due novizi), dove la fede veniva ormai vissuta in maniera alquanto blanda, nello scoraggiamento e nell’avvilimento crescente.
Si manteneva, quasi per inerzia, il culto a Maria e al Santissimo Sacramento, che veniva regolarmente esposto a Pentecoste e per i due giorni successivi.
Il 25 Maggio del 1608 era proprio il giorno di Pentecoste e il priore Don Sarron dell’abbazia di Faverney aveva preparato l’altare per l’Adorazione Eucaristica.
La mattina seguente, però, la trovò piena di fumo, con l’altare completamente bruciato.
Il sagrestano, allora, corse a svegliare i confratelli e poi, in compagnia di un novizio, ritornò in chiesa, per accertarsi definitivamente dell’accaduto.
La gente cominciò ad arrivare da tutte le parti, perché la notizia del miracolo si sparse velocemente. Tutte le chiese della zona e i loro fedeli e prelati si misero in preghiera.
Il 27 Maggio, quindi il giorno dopo, i Benedettini, insieme ad alcuni cappuccini intervenuti sul posto, scrissero una relazione per testimoniare il miracolo avvenuto.
Alla Santa Messa successiva, celebrata dal parroco nell’abbazia di Faverney, i ceri dell’altare cominciarono a spegnersi. Accadde per più volte, nonostante il sagrestano li riaccendesse.
Il parroco, intanto, aveva alzato l’ostia, per la consacrazione e, nell’abbassarla, anche l’ostensorio sospeso in aria si depose delicatamente sull’altare.
L’evento era avvenuto in una chiesa dedicata a Maria e il fuoco dell’incendio aveva risparmiato anche le reliquie e la bolla delle indulgenze, esposte solitamente per l’Adorazione: simboli fortemente denigrati e discussi dai calvinisti.
Antonella Sanicanti
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