Mazara del Vallo: finalmente fanno ritorno a casa i 18 pescatori imprigionati

Sono stati rilasciati i diciotto pescatori italiani di Mazara del Vallo, imprigionati dallo scorso settembre a Bengasi, in Libia. Ora sono in viaggio verso casa.

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I pescatori italiani liberati – photo web source

La liberazione, avvenuta giovedì pomeriggio è arrivata dopo circa tre mesi dall’arresto. La gioia dei familiari, della città di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, e dell’Italia intera è stata grande. Ora tutti aspettano il loro rientro, previsto nella cittadina siciliana per domenica pomeriggio. Anche la Chiesa ha accolto con grande felicità questa bella notizia di fine anno.

La preghiera di Papa Francesco e la gioia della Chiesa per la liberazione

Persino Papa Francesco, all’Angelus del 18 ottobre scorso, aveva pregato insieme ai fedeli, incoraggiando i pescatori e quanti potevano accelerare il loro rilascio. Il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, al seguito del loro ritorno ha parlato di un lampo che illumina il Natale di famiglie in sofferenza.

Una notizia tanto più bella quanto più era inattesa, ha spiegato Mogavero ai microfoni dei media vaticani. “È giunta come un lampo che si è immediatamente propagato. Tanto più bella anche per il tempo di Natale che stiamo vivendo”. “È un giorno bello e che capiti all’inizio della Novena del Natale è estremamente significativo”, ha specificato il prelato.

Il vescovo di Mazara Mogavero: una notizia che “libera il cuore”

Per le loro famiglie sono stati infatti giorni molto bui e duri a causa della prigionia dei pescatori. Tutta la città e l’intera Italia ha pregato con loro. Sembrava si stesse ormai prendendo “consapevolezza di una tragedia, di un dramma che si consumava nella nostra città e sulla sponda libica, nel carcere dove i nostri 18 pescatori erano tenuti”.

Poi è arrivata la notizia della liberazione, che “finalmente libera il cuore da un’angoscia che si faceva insopportabile con una rabbia ben contenuta con dignità dai familiari, ma una rabbia forte per un’ingiustizia che ritenevano tale, fatta a loro, alle loro famiglie e ad una città”.

L’aspetto più meschino? L’utilizzo dei pescatori come merce di scambio

L’aspetto tutta mia più meschino è stato l’utilizzo di questa cattura “come merce di scambio in vicende politico-militari“. “Questo è l’aspetto veramente più odioso di tutta la vicenda”, ha spiegato Mogavero. “Si sono utilizzati 18 uomini per 108 giorni per forzare la mano al governo italiano e ottenere dei riconoscimenti che non possono essere riconosciuti”.

La speranza del vescovo è perciò “che questa trattativa sia finita con il riconoscimento di qualcosa che andava risolto così, senza contropartite, in modo onorevole per chi questo danno l’ha fatto e in modo sofferto, ma altrettanto onorevole, per chi questo danno lo ha subito”.

La soddisfazione del sindaco di Mazara e del presidente Mattarella

Il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, al loro arrivo, ha spiegato che una delle prime cose che i pescatori hanno fatto è stata parlare con i loro familiari, mentre erano ancora a bordo dei due loro pescherecci, “Antartide” e “Medinea”.

Anche il presidente della Repubblica italiana Mattarella ha espresso la sua soddisfazione per la liberazione dei pescatori. I pescatori erano infatti stati imprigionati 108 giorni prima della loro liberazione, a settembre, in una caserma della città a sud-est della Libia di Bengasi. Insieme agli otto italiani, c’erano infatti anche sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi.

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Monsignor Domenico Mogavero – photo web source

Il vescovo di Mazara: “Questa grande sofferenza non si ripeta più”

Ora il pensiero va al fatto “che questa grande sofferenza non dovrà più ripetersi”, ha concluso il vescovo Mogavero. “Si deve affrontare il problema del Mediterraneo, il problema di questo mare che è diventato un mare di angoscia, un mare di morte, un mare che nega la speranza, tutto questo deve finire”.

Un problema “deve essere posto sul tavolo degli organi internazionali, perché questa iniquità, questa disparità di trattamento, non può essere tollerata“.

Giovanni Bernardi

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