È in pericolo la vera libertà: il Covid è un esperimento mondiale che mostra cosa rischia la società quando uno statalismo oppressivo usa le emergenze per instaurare nuove forme di autoritarismo politico.
Molti, anche tra i cattolici, sembrano guardare alla pandemia secondo una chiave di lettura materiale e terrena.
Tra questi certamente non c’è Giampaolo Crepaldi, il Vescovo di Trieste che è anche Fondatore e Presidente emerito dell’Osservatorio Cardinale Van Thuan, un organismo che si prefigge di promuovere la Dottrina sociale della Chiesa (DSC) sul piano internazionale.
Continuano ad avere notevole risonanza, anche a distanza di tempo, le sue affermazioni sull’attuale emergenza sanitaria. In gennaio Crepaldi ha sottolineato che nessun fatto può essere giudicato solo da un punto di vista mondano. Non fa eccezione neanche “l’esperienza della pandemia da Covid-19 [che] richiede di essere valutata prima di tutto in chiave spirituale e nella visione di una teologia della storia umana segnata dalla caduta e dalla redenzione”.
Il monsignore si è poi interrogato su alcune direttive di azione che, unitamente ai principi di riflessione e ai criteri di giudizio, fanno parte della DSC.
Una nuova forma di autoritarismo politico
Come altri, anche il vescovo di Trieste vede in pericolo la vera libertà, quella che si realizza pienamente solo quando non prescinde dalla verità. In questo senso, scrive Crepaldi, bisogna riconoscere che “durante l’emergenza abbiamo vissuto alcune legittime limitazioni della libertà insieme ad altre meno legittime”. E questo perché “i dati scientifici non sempre sono stati utilizzati secondo verità, le restrizioni e le sanzioni talvolta non sono state applicate con buon senso, sono emerse anche nuove forme di autoritarismo politico”.
Per il prossimo futuro bisognerà allora ricostruire la “vera libertà”, che non consiste nel “rivendicare una libertà assoluta”. La vera libertà è “organica e non individualistica”: è la libertà di vivere in quelle comunità naturali che sono la famiglia, l’impresa, il quartiere, la scuola. Sarà l’occasione di “superare una libertà artificiale e costruire una libertà reale e naturale, espressione della vera essenza della persona umana e dei beni autentici della comunità politica”.
No allo statalismo oppressivo
Lo stato dovrà fare la propria parte per garantire la sicurezza economica e per sorvegliare sulla giustizia. Ma non deve stabilirsi una nuova forma di statalismo che creando lavoro assistito porti a strangolare la libertà economica, impedendo così ogni ripresa economica e sociale. “Da questo punto di vista – scrive Crepaldi – ipotesi come il reddito di emergenza, la regolarizzazione in blocco degli immigrati irregolari, le massicce assunzioni nel pubblico impiego condotte senza reali motivi funzionali dovrebbero essere evitate”.
Molte voci chiedono di accentrare nelle mani dello stato il sistema sanitario. Anche questo è un pericolo: “L’accentramento in quanto tale, infatti, può deresponsabilizzare”. È il rischio che corre ogni società quando viola il principio di sussidiarietà proposto dalla DSC, per cui “una società di ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità e aiutarla a coordinare la sua azione con quella delle altre” (Centesimus annus, n, 48).
Sì alla sussidiarietà
La sanità andrebbe dunque ripensata in un’ottica sussidiaria, valorizzando le amministrazioni locali e i corpi intermedi della società tra cui i privati, le comunità locali, le fondazioni, le istituzioni religiose a vocazione sanitaria.
Anche la libertà scolastica è stata fortemente penalizzata in tempo di pandemia, con le scuole parentali messe in grave difficoltà da un “nuovo statalismo laicista” che però ha suscitato, come reazione sana, “una positiva voglia di scuola parentale veramente libera dallo Stato, che produrrà nel prossimo futuro i suoi frutti”.
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Lo stesso si può dire per il centralismo burocratico e quello fiscale, sempre più esosi e oppressivi. A questo proposito il vescovo ricorda che il fisco “deve essere usato per il bene comune e deve essere proporzionato”. Dunque “per aiutare le famiglie e le imprese non bisogna dare sussidi a pioggia, bisogna abbassare le tasse”.
Il rischio di un europeismo ideologico
Anche l’interventismo europeo, con un forte finanziamento per la ripresa economia dell’Italia, mette a rischio la sussidiarietà. Eppure l’Italia avrebbe avuto le risorse per provvedere in autonomia, a cominciare dalla cospicua entità del risparmio privato. Infatti, “se consideriamo l’ordine naturale delle cose, la famiglia e la nazione vengono prima dello Stato e delle istituzioni sovra-statali”.
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Occorrerà dunque vigliare per “evitare che dietro ai 6nanziamenti per il dopo-coronavirus si faccia valere nuovamente un europeismo ideologico che schiacci la nazione condizionandone la vita e la libertà”.
Per il prossimo futuro su profilano altre minacce alla vera libertà. Prima fra tutte, “la possibile emergenza di nuovi poteri sovranazionali motivati dalla necessità di fronteggiare le emergenze”.
Il coronavirus come esperimento mondiale
Sotto questo profilo, avverte il prelato, “il coronavirus è un esperimento mondiale” ed “è possibile che, sulla scorta di questa esperienza, si producano in futuro nuove emergenze, magari di tipo ecologico e ambientalistico, per motivare una stretta delle libertà e per instaurare forme di pianificazione centralizzata e di controllo uniformato. Le forze che spingono per un nuovo globalismo fondato su un “nuovo umanesimo” e anche durante la pandemia ne abbiamo avuto prova”.
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Non bisogna infine trascurare il vero cuore di ogni ripresa: l’uomo stesso. Una società che attenta alla vita umana (con l’aborto e l’eutanasia) attenta anche alla vera libertà. Per questo, conclude il vescovo, “sarà impossibile percorrere la strada della vera libertà senza la libertà di nascere una volta concepiti, di essere procreati e in modo umano, di nascere sotto il cuore di una mamma e di un papà, di non essere costretti a morire per volontà altrui facendoci credere di morire per volontà nostra, senza la libertà vera di poter educare i nostri figli”.