Le dimissioni del vescovo D’Ercole lasciano sorpresa e amarezza. Tanti casi nella sua diocesi, ma fu l’unico ad alzarsi in piedi contro la chiusura delle chiese.
Monsignor Giovanni D’Ercole da qualche giorno ha rinunciato alla guida della diocesi di Ascoli Piceno, di cui era vescovo dal 2014. Al suo posto è subentrato come amministratore apostolico il vescovo di Rieti Domenico Pompili, 57 anni.
Una rinuncia che ricorda la cosiddetta “Opzione Benedetto”
La sua rinuncia evoca quella che da qualche anno, specialmente nel mondo occidentale e riferendosi tanto alla sconvolgente rinuncia di Joseph Ratzinger quanto al ritiro da Roma di Benedetto da Norcia, viene indicata come l’Opzione Benedetto.
Si tratta di una strada cioè in cui i cristiani smettono di andare incontro al mondo per farsi portatori della fede cristiana in una società secolarizzata, atea e senza valori. Al contrario, si fanno portatori del volere di Dio unendosi in preghiera totale a Lui e al suo volere.
San Benedetto da Norcia scappò da Roma e fondò il monachesimo
San Benedetto da Norcia infatti voltò le spalle a Roma a causa della corruzione dilagante e dell’invasione barbarica che stava subendo, per fondare il monachesimo occidentale. Partendo dalle colline umbre che allora apparivano dimenticate da Dio. In questo modo il cristianesimo ritrovò la sua identità cristiana e le proprie radici.
D’Ercole, 73 anni, è stato a lungo un volto noto al grande pubblico. Per via del fatto che condusse per 24 anni i programmi religiosi in Rai, fino al gennaio 2019. Prima di diventare conduttore televisivo, però, passò otto anni in missione in Costa d’Avorio. Lo stesso luogo in cui tornerà ora per il suo ritiro in Monastero. A fine anni ottanta divenne poi vice-direttore della Sala Stampa vaticana.
D’Ercole ha parlato di scelta difficile, sofferta ma profondamente libera
Nel commentare le sue dimissioni D’Ercole ha spiegato che si è trattato di “una scelta difficile, sofferta ma profondamente libera, ispirata al servizio della Chiesa e non al mio interesse personale”.
Ha anche aggiunto, ringraziando Papa Francesco, che questa decisione gli “ha dato la possibilità di realizzare una scelta” su cui D’Ercole meditava “da tanto tempo”. E che avrebbe “voluto concretizzare” al compimento dei 75 anni. Quella cioè di “tornare alle origini del mio sacerdozio, in Africa, tra i più poveri tra i poveri, come direbbe Santa Teresa di Calcutta”.
La decisione di ritirarsi in un monastero in Africa
“Se lascio la guida della diocesi a un nuovo pastore che con energie più fresche potrà reggere la comunità diocesana, come vescovo emerito continuerò ad accompagnarla in modo diverso e non meno significativo“, ha spiegato il prelato.
La decisione sarebbe quindi maturata in accordo con i superiori della Congregazione religiosa a cui il vescovo appartiene. Quella della Piccola Opera della Divina Provvidenza di San Luigi Orione. Da qui, il ritiro “per un certo periodo in un monastero in Africa, dove ho iniziato il mio sacerdozio, per immergermi in un totale clima di preghiera e di contemplazione”.
D’Ercole: “Non abbandono la vigna del Signore”
“Non abbandono quindi la vigna del Signore nella quale continuerò a operare con più interiore partecipazione, offrendo il mio sostegno alle nostre comunità in maniera più profonda e spirituale“, ha precisato il religioso. Aggiungendo che il suo rappresenta “un gesto di totale disponibilità al servizio della Chiesa e di papa Francesco perché sia sostenuto nella sua essenziale e costitutiva missione di guida e di comunione nella Chiesa”.
L’ultima uscita di monsignor D’Ercole, però, era stata anche molto dura, e riguardava il periodo di lockdown più serrato, quello in cui le chiese sono state chiuse dopo la decisione del governo Conte, che ha trovato piena disponibilità prima nella Cei poi in Papa Francesco. Per alcuni, ci sarebbe un legame tra quella presa di posizione netta e la notizia delle sue dimissioni.
Durante il lockdown, D’Ercole si alzò in piedi contro lo stop alle chiese
“Dobbiamo guardare le cose con oggettività: la chiesa non è il luogo dei contagi, non bisogna fare passare questa idea. Comitato scientifico: ma chi ve l’ha detto che l’ha chiesa è il luogo dei contagi?”, attaccò D’Ercole nel video diffuso durante il lockdown. “È un arbitrio, è una dittatura questa, di impedire il culto perché è uno dei diritti fondamentali e su questo non si possono fare sconti”.
E infine: “Bisogna che il diritto al culto ce lo date, se no ce lo prendiamo“. Le sue parole arrivavano nel momento in cui Papa Francesco, al contrario, invitava a pregare il Signore “perché sia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni”.
Le grane del vescovo arrivato ad Ascoli
Tuttavia, i giornali locali ripercorrono anche le difficoltà avute da monsignor D’Ercole durante gli anni di gestione della sua diocesi, tra un’inchiesta sugli appalti della ricostruzione a L’Aquila e un’intercettazione telefonica da cui era emersa una raccomandazione per l’ex braccio destro del sindaco di Roma Raffaele Marra. Tutte inchieste da cui il vescovo ne uscì limpido e senza alcun problema.
La prima vera grana del vescovo, subito dopo avere assunto la guida della diocesi marchigiana, era stata quella del santone di Force, Christian Del Vecchio. Un presunto veggente, iniziatore di una setta chiamata associazione Amarlis, e che sosteneva di avere ricevuto apparizioni dalla Madonna dopo avere assistito alla trasudazione di un’icona.
Le dure vicende che hanno provato la diocesi ascolana
L’uomo voleva realizzare un santuario con le donazioni di coloro che lo seguivano nel suo “percorso”, a cui convinceva di poterli fare guarire dal cancro. La diocesi lo ha alla fine assolto con un comunicato di “nulla osta” in quanto a giudizio del vescovo non erano emersi “atti o fatti contrari alla disciplina delle religione cattolica, e/o violazioni di precetti morali, civili e penali”. Tuttavia, pare non fosse dello stesso avviso la Santa sede.
Una seconda vicenda molto spinosa era invece la denuncia arrivata a carico di padre Alberto Bastoni, vice-parroco della cattedrale che era tuttavia finito al centro di un inchiesta della procura anconetana per detenzione di materiale pedopornografico. Durante la perquisizione, però, il sacerdote consegnò ai carabinieri dei quantitativi di droga che teneva in casa. Quattro grammi di cocaina erano addirittura nascosti all’interno di un ostensorio.
Le parole di Benedetto XVI nel commiato di Mons. D’Ercole
Insomma, molte questioni che possono, forse, avere influito sulla decisione di monsignor D’Ercole. Alcuni giornali parlano di forti pressioni su monsignor D’Ercole, partite non da un posto qualunque ma da Santa Marta. Monsignor D’Ercole, per evitare un inasprimento delle posizioni all’interno della Chiesa, avrebbe così spontaneamente e liberamente deciso di farsi da parte.
Ho scelto il silenzio e la preghiera come medicina della paura…#giovannidercole pic.twitter.com/j4tZTsv1VV
— Mons. Giovanni D’Ercole (@GiovanniDErcole) October 29, 2020
Un simbolo dello spirito con cui ha preso questa decisione, si evince dalle parole scritte nella sua lettera di commiato, riprese da quelle che pronunciò Benedetto XVI il giorno della sua rinuncia. “Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi“.
Giovanni Bernardi