Di fronte alla malattia, e in questo caso al rischio di contagio da Coronavirus, anche il terrorismo finisce per capitolare e far cadere ogni difesa.
Sono state infatti fornite persino dall’Isis le “direttive religiose” per proteggersi dal contagio. Lo ha fatto con un articolo pubblicato sul proprio settimana Al Naba. Nel testo dell’articolo si descrive il problema in maniera generica, parlando solamente di epidemia, e non nello specifico di Covid-19. Le direttive però che vengono impartite ai propri adepti, i terroristi dello Stato islamico, sono in linea di massima molto simili a quelle redatte dall’Oms.
Si chiede infatti di mantenere la distanza dalle persone malate e anche di evitare viaggi nelle aree interessate dall’epidemia, oltre alle precauzioni di coprirsi la bocca nel momento in cui si tossisce e di ricordarsi di lavarsi spesso le mani. Oltre a ciò, nella rivista si invita i propri seguaci ad “affidarsi ad Allah e cercare protezione in lui”, ovvero a “porre la fiducia in Dio”.
Per uno strano caso, perciò, di fronte al nemico invisibile del virus, anche la corazza dell’ideologia terrorista si frantuma in mille pezzi, lasciando spazio al buon senso. Che diventa anche un esempio per una salvaguardia importante, in quei paesi dove il terrorismo controlla interi territori, come ad esempio l’Africa. Nel caso infatti si diffondesse un’epidemia in zone dove non è permesso a medici o civili di entrare, sarebbe molto difficile curare le persone interessate dal contagio. E si rischierebbe una carneficina, qualora non ci siano mezzi adeguati per assistere i malati, o per individuare i contagiati.
Per cui è un bene che anche i terroristi più sanguinari si rendano conto del rischio derivante dal prendere sottogamba questa emergenza. Là dove non sono bastate le parole e gli inviti, è riuscita la malattia derivante dal Coronavirus. Il Signore talvolta, quando opera, ci mette anche un pizzico di ironia.
Giovanni Bernardi
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