Coronavirus: la Pasqua che ci aspetta. Continua l’opera silenziosa della Chiesa

“Papa Francesco, per tramite del vescovo di Bergamo, ha donato 60.000 euro all’Ospedale Papa Giovanni come segno della sua premura e della sua carità”.

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Il vescovo di Bergamo Beschi e Papa Francesco – sourceweb

Si tratta di quanto reso noto dalla diocesi di Bergamo, che rende conto della solidarietà che la Chiesa si sta impegnando a mettere in pratica in questi tempi difficili segnati dal coronavirus.

“Si tratta di un nuovo segno della sua vicinanza che si aggiunge alla telefonata al vescovo, mons. Francesco Beschi, di qualche giorno fa in cui manifestava i suoi sentimenti di condivisione del dolore per i numerosi sacerdoti e fedeli defunti a causa del coronavirus e di prossimità ai malati, a coloro che li curano, alle famiglie, alle parrocchie e a tutta la comunità bergamasca”, si spiega nel comunicato.

La donazione del Papa a Bergamo

Il Papa infatti nelle settimane scorse aveva già contattato il vescovo di Bergamo per interessarsi della situazione di una delle diocesi più colpite d’Italia, e allo stesso per esprimere la sua vicinanza.

“L’espressione della sua paternità, come è comprensibile, raggiunge tutte le diocesi colpite dalla violenza del contagio, ma nello stesso tempo desidera manifestarsi particolarmente a quelle comunità che ne sono maggiormente colpite. L’Ospedale di Bergamo, portando il nome del Santo Papa bergamasco, rappresenta un ulteriore motivo con particolare valore simbolico di questo gesto di prossimità di Papa Francesco”, si legge ancora nella nota.

La solidarietà della Chiesa

Il vescovo d Bergamo mons. Beschi ha così trasmesso al direttore generale dell’Ospedale Papa Giovanni il dono del Santo Padre, accogliendo la sua profonda riconoscenza e quella di tutti coloro che vi sono curati e vi lavorano.

“La Chiesa, senza rumore e megafono, continua a sostenere in maniera corresponsabile medici, operatori sanitari e malati”. Si tratta di quanto affermato dal segretario generale della Cei mons. Stefano Russo al Sir, l’agenzia stampa della Cei, a proposito dei provvedimenti presi in seguito all’emergenza Coronavirus.

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Il segretario generale della Cei monsignor Stefano Russo – sourceweb

La Settimana Santa che ci aspetta

Quest’anno la Settimana Santa verrà vissuta da tutti i fedeli, e dalla totalità del Paese, in quarantena. Quella che ci aspetta sarà di certo una Pasqua molto particolare, diversa dalle altre. “Sarà sicuramente una Pasqua diversa: la storia che stiamo vivendo ci pone dinanzi questa realtà, inedita per tutti”, ha affermato il segretario della Cei.

“La Settimana Santa apre al cuore della nostra fede; per questo, anche se le ristrettezze del momento presente ci mettono a dura prova, non dimentichiamo che siamo in cammino verso la Resurrezione. Ed è proprio questo orizzonte ad aiutarci a vivere al meglio il tempo pasquale. Siamo a casa, ma non siamo soli!”.

La Chiesa vicina ai fedeli

Ci saranno inoltre tante Messe in streaming, accompagnamenti spirituali a distanza e intere comunità parrocchiali che si impegnano nei modi più creativi per ricreare comunità in rete. I sacerdoti si impegnano al meglio per ricreare celebrazioni online, e i fedeli ne traggono molto giovamento.

“C’è un grande senso di appartenenza che sta sempre più emergendo. Le varie iniziative sono una risposta a un desiderio profondo di comunità. È alle domande della nostra gente bisogna, in qualche modo, rispondere”, ha infatti affermato Russo.

Le buone prassi pastorali e digitali

Spiegando che tutto questo sta all’origine del progetto digitale chiciseparera.chiesacattolica.it, in cui vengono pubblicate e rilanciate le “buone prassi” che sono state adottate dalle varie diocesi in tutta Italia. Lì vengono condivisi anche materiali pastorali e notizie di diversa natura.

I due sacerdoti benedicono i loro paesi duramente colpiti dal Coronavirus – Avvenire.it

“Viviamo una stagione di grande creatività, che ci permette di guardare oltre l’emergenza. E in quell’oltre non possiamo non essere sostenuti dalla speranza, alimentata dalla fede e dalla carità”, ha spiegato il religioso. “Quando tutto sarà finito, avremo modo di riflettere su quanto vissuto, non dimenticando che siamo in una situazione eccezionale. E che non possiamo fare a meno dell’incontro fraterno che da sempre ci caratterizza”.

La buona opera dell’informazione

Monsignor Russo ha così rivolto un pensiero anche a tutti i media e gli operatori dell’informazione che, ha affermato, “in forme diverse e secondo le specificità di ciascuno, stanno tessendo il filo delle comunità. Porto nel cuore quanto mi hanno scritto diversi settimanali diocesani in questi giorni: le nostre pagine sono diventate un necrologio continuo. Avverto la sofferenza che arriva dai territori, a tutti assicuro la vicinanza della Chiesa italiana”.

La Chiesa italiana tuttavia, giorno dopo giorno, sta dimostrando la sua vicinanza a tutti gli italiani anche attraverso gesti molto concreti di solidarietà. “Ricordo che la prossimità della Chiesa in Italia si esprime ugualmente attraverso segni concreti. In particolare, abbiamo promosso due sottoscrizioni di raccolta fondi: Sostegno alla sanità ed Emergenza coronavirus, con Caritas italiana”, ha spiegato Russo.

Tutti gli aiuti economici della Chiesa

La Chiesa italiana infatti, nelle sue varie espressioni associative e caritative, e con interventi economici diretti, come i vescovi di diverse conferenze episcopali regionali che hanno devoluto l’intero stipendio, si è attivata in vari modi per offrire il proprio contributo concreto.

I fondi stanziati ammontano già a 16 milioni di euro. Senza contare le decine di diocesi che in tutta Italia stanno mettendo a disposizione le proprie strutture. Al servizio di Protezione civile, medici, malati e persone obbligare a stare in isolamento senza avere però un posto concreto dove poterlo fare.

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(Websource Archivio)

Una geografia della carità in aggiornamento

“È una geografia della carità in continuo aggiornamento”, ha spiegato Russo. “Le diverse iniziative sul piano dell’assistenza caritativa e solidale sono tutte mosse dalla certezza che nel volto sofferente dei nostri fratelli è presente Cristo. È una certezza che viene dal Vangelo di Matteo: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare…”.

Si trattano infatti di “parole che sono riferimento imprescindibile per le nostre azioni”, ha voluto precisare il segretario della Cei. “Nella situazione attuale, in cui sono messe a nudo tutte le nostre certezze, riscopriamo il senso e il valore della prossimità, della cura, della relazione… In una parola: della carità, sempre silenziosa, ma operosa”.

Gli aiuti concreti della Chiesa italiana

Perciò di fatto la Chiesa continua ad aiutare tutti quelli che sono impegnati in questa dura lotta. Medici, operatori sanitari, malati. Il Sistema sanitario in grande difficoltà. E lo fa senza sbandieramenti di parte.

I fondi stanziati dalla Cei infatti si dividono in varie tranche. Il primo contributo del 24 marzo è stato rivolto alla Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo di Torino, all’Azienda ospedaliera “Cardinale Giovanni Panico” di Tricase, all’Associazione Oasi Maria Santissima di Troina (Enna) e all’Istituto Ospedaliero Poliambulanza di Brescia. Il secondo invece alla Fondazione Policlinico Gemelli, all’Ospedale Villa Salus di Mestre, all’Ospedale Generale Regionale Miulli, in provincia di Bari. A queste si aggiunge la raccolta fondi, di cui al termine ci sarà la rendicontazione.

Tanti sacerdoti hanno pagato con la vita

Tanti sacerdoti, però, hanno pagato l’emergenza sanitaria con il bene più alto in assoluto, ovvero quello della vita. “Tutti i nostri sacerdoti sono sempre vicini alla gente, fedeli alla vocazione fino alla fine, vivono con le proprie pecore, come ripete spesso Papa Francesco. Lo sono così tanto che, proprio in questa circostanza, hanno condiviso anche la malattia e, purtroppo, in molti casi, la morte“, ha affermato monsignor Russo.

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Le foto dei sacerdoti che sono venuti a mancare a causa del Coronavirus. Veri e propri martiri della fede (sourceweb)

“Li ricordiamo prima di tutto per fare memoria della loro vita, delle loro opere, di quanto hanno lasciato nei cuori di chi li ha conosciuti”.

Giovanni Bernardi

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