Angelus: la sfida più grande | Siamo davvero capaci di amare il nemico?

Papa Francesco riflette sul “porgere l’altra guancia”: una dimostrazione di debolezza o di forza?

Porgere l’altra guancia”. “Amare il nemico”. Frasi che ci vengono ripetute da anni, a messa, alle catechesi e non solo. Come attualizzare, tuttavia, questo fondamento dell’agire cristiano?

Il Signore sembra chiedere l’impossibile

Nel Vangelo odierno (Lc 6,27-38), Gesù fa riferimento a quel “banco di prova” rappresentato dal confronto con “chi ci è nemico e ostile”, con “chi cerca sempre di farci del male”.

Quando è messo davanti a prove di questo genere, ha commentato papa Francesco durante l’Angelus, “il discepolo di Gesù è chiamato a non cedere all’istinto e all’odio, ma ad andare oltre, molto oltre”.

Il suo precetto è: «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano» (Lc 6,27). E aggiunge: «A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra» (v. 29).

Quando ordina ciò, “il Signore sembra chiedere l’impossibile”. Il pensiero spontaneo che sorgerebbe in chiunque è: “Se non si reagisce ai prepotenti, ogni sopruso ha via libera, e questo non è giusto.

Alle percosse si risponde in modo più forte…

La logica di Gesù, tuttavia, è molto diversa. “Durante la passione – sottolinea il Santo Padre – nel suo ingiusto processo davanti al sommo sacerdote, a un certo punto riceve uno schiaffo da una delle guardie”. A quella guardia, Gesù replica: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?» (Gv 18,23).

Porgere l’altra guancia”, dunque, “non significa subire in silenzio, cedere all’ingiustizia”. Gesù chiede conto del male ricevuto ma “lo fa senza ira né violenza, anzi con gentilezza”, evitando di “innescare una discussione”, ma, piuttosto, con l’intento di “disinnescare il rancore”; vuole “spegnere insieme l’odio e l’ingiustizia, cercando di recuperare il fratello colpevole.

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La mitezza di Gesù – osserva ancora il Pontefice – è una risposta più forte della percossa che ha ricevuto. Porgere l’altra guancia non è il ripiego del perdente, ma l’azione di chi ha una forza interiore più grande, che vince il male col bene, che apre una breccia nel cuore del nemico, smascherando l’assurdità del suo odio”. La reazione di Gesù “non è dettata dal calcolo, ma dall’amore”.

Invocare lo Spirito Santo

Com’è possibile, allora, “amare i nemici”? Dipendesse da noi, afferma il Papa, “sarebbe impossibile”, eppure, “quando il Signore chiede qualcosa, vuole donarla”; così è per l’amore ai nemici: “vuole darmi la capacità di farlo”. Una capacità, una forza che deriva dallo “Spirito Santo”.

È solo con lo “Spirito di Gesù” che “possiamo rispondere al male con il bene” e “possiamo amare chi ci fa del male”. Per contro, è “triste” quando “persone e popoli fieri di essere cristiani vedono gli altri come nemici e pensano a farsi guerra.

Quando pensiamo a qualcuno che ci ha fatto del male, “forse c’è del rancore dentro di noi”: a tale sentimento, suggerisce Bergoglio, “affianchiamo l’immagine di Gesù, mite, durante il suo processo. E poi chiediamo allo Spirito Santo di agire nel nostro cuore. Infine, preghiamo per quella persona”, al fine di “trasformare il male in bene”.

Plauso all’“eroico personale sanitario” in tempo di Covid

Dopo la recita della preghiera mariana, il Santo Padre ha espresso la propria “vicinanza” alle “popolazioni colpite da calamità naturali” negli ultimi giorni, citando “il Sud Est del Madagascar, flagellato da una serie di cicloni” e “la zona di Petropolis in Brasile, devastata da inondazioni e frane. Il Signore accolga i defunti nella pace, conforti i familiari e sostenga quanti prestano soccorso”, ha detto.

In occasione della Giornata Nazionale del Personale Sanitario, il Pontefice ha menzionato i tanti “medici, infermieri, infermiere, volontari che stanno vicini agli ammalati, li curano, li fanno sentire meglio, li aiutano”.

Nessuno si salva da solo – ha ricordato –. Nella malattia abbiamo bisogno di qualcuno che ci salvi, che ci aiuti”. Il Papa ha poi raccontato quanto riferitogli da un medico: in un reparto Covid, “stava morendo una persona e gli diceva: ‘mi prenda per mano, sto morendo e ho bisogno della sua mano”.

In conclusione, Francesco ha chiesto un “applauso grande” per l’“eroico personale sanitario” per l’abnegazione dimostrata in tempo di Covid: un’eroicità che rimarrà “tutti i giorni”, ha detto.

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