Viaggio apostolico: il Papa mette in guardia da un pericolo terribile e sempre attuale

L’antisemitismo è una “miccia che va spenta”, ammonisce Francesco incontrando i rappresentanti ebrei ed ecumenici ungheresi.

È stata all’insegna dell’ecumenismo e del dialogo la prima giornata del secondo viaggio internazionale di papa Francesco in questo 2021.

Dio ha sempre progetti di pace, mai di sventura

Atterrato all’aeroporto internazionale di Budapest alle 7.45, il Santo Padre è stato accolto dal vice primo ministro ungherese Zsolt Semjén, per poi recarsi al Museo delle Belle Arti, dove, nella Sala Romanica, è avvenuto l’incontro con il presidente della Repubblica, János Áder, e con il premier Viktor Orbán.

Al termine del colloquio privato con il capo del governo magiaro, il Pontefice si è spostato nella Sala Rinascimentale dello stesso museo, dove è avvenuto l’incontro con i vescovi della conferenza episcopale ungherese, seguito dall’udienza con rappresentati del consiglio ecumenico delle Chiese e con alcune comunità ebraiche dell’Ungheria.

Pregare insieme, gli uni per gli altri, e darci da fare insieme nella carità, gli uni con gli altri, per questo mondo che Dio tanto ama (cfr Gv 3,16): ecco la via più concreta verso la piena unità”, ha esortato il Papa nel suo discorso.

Rivolgendo gli auguri agli ebrei per le festività del Rosh Hashanah e dello Yom Kippur, Francesco ha espresso apprezzamento per l’impegno mostrato dai leader religiosi nell’abbattimento dei “muri di separazione del passato. Ad ebrei e cristiani ha esortato a “vedere nell’altro non più un estraneo, ma un amico; non più un avversario, ma un fratello”.

L’auspicio è quello di “lasciare le incomprensioni del passato, le pretese di avere ragione e di dare torto agli altri, per metterci in cammino verso la sua promessa di pace, perché Dio ha sempre progetti di pace, mai di sventura”.

Il ponte di Budapest: un’immagine simbolica

Bergoglio ha quindi ripreso l’evocativa immagine del Ponte delle Catene, che collega le due parti della capitale ungherese, Buda e Pest: “non le fonde insieme, ma le tiene unite – ha spiegato –. Così devono essere i legami tra di noi. Ogni volta che c’è stata la tentazione di assorbire l’altro non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo, anziché integrarlo”.

Oggi è importante “promuovere insieme una educazione alla fraternità, così che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non prevalgano”. L’ “antisemitismo”, ha aggiunto a tal proposito il Santo Padre, “ancora serpeggia in Europa e altrove” ed è “una miccia che va spenta.

È ancora l’immagine del Ponte delle Catene, con le sue “grandi catene, formate da tanti anelli” a ispirare al Pontefice un’altra metafora: “Siamo noi questi anelli e ogni anello è fondamentale: perciò non possiamo più vivere nel sospetto e nell’ignoranza, distanti e discordi”.

Verso la conclusione dell’incontro, il Papa ha menzionato un celebre poeta ungherese. Miklós Radnóti, a cui fu impedito all’insegnamento negli anni dell’occupazione nazista, “solo perché era di origini ebraiche”. Radnóti morì poi in un lager. Durante la prigionia, scrisse versi significativi: «E tu, come vivi? Trova eco la tua voce in questo tempo?» (Taccuino di Bor, Prima Ecloga).

Le nostre voci, cari fratelli, non possono che farsi eco di quella Parola che il Cielo ci ha donato, eco di speranza e di pace – ha commentato Francesco –. E se anche non veniamo ascoltati o siamo incompresi, non smentiamo mai con i fatti la Rivelazione di cui siamo testimoni”.

Non “trionfalismo” ma purificazione davanti alla croce

Seconda e ultima tappa della breve visita di Bergoglio a Budapest è stata Piazza degli Eroi, dove si è celebrata la messa conclusiva del 52° Congresso Eucaristico Internazionale.

L’Eucaristia sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio – ha detto il Santo Padre durante l’omelia –. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come Amore crocifisso e donato. Possiamo aggiungere tanta cerimonia, ma il Signore rimane lì, nella semplicità di un Pane che si lascia spezzare, distribuire e mangiare. Per salvarci, si fa servo; per darci vita, muore”.

Il Crocifisso, ha proseguito con riferimento al Vangelo odierno, è un segno dell’“aspro conflitto” tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”. Gesù, infatti, non solo rifugge il “trionfalismo” e la “logica del mondo”, ma nemmeno “si accontenta delle dichiarazioni di fede, ci chiede di purificare la nostra religiosità davanti alla sua croce, davanti all’Eucaristia. Ci fa bene stare in adorazione davanti all’Eucaristia per contemplare la fragilità di Dio”.

A conclusione della messa, il Pontefice ha ringraziato le autorità politiche e religiose che hanno reso possibile la sua visita a Budapest. Con riferimento all’inno del Congresso Eucaristico, ha augurato al popolo ungherese che “la croce sia il vostro ponte tra il passato e il futuro! Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti”.

In conclusione, un accenno alla beatificazione avvenuta oggi a Varsavia del l Cardinale Stefan Wyszyński ed Elisabetta Czacka, fondatrice delle Suore Francescane Serve della Croce. “Due figure – ha detto il Papa – che conobbero da vicino la croce: il Primate di Polonia, arrestato e segregato, fu sempre pastore coraggioso secondo il cuore di Cristo, araldo della libertà e della dignità dell’uomo; Suor Elisabetta, che giovanissima perse la vista, dedicò tutta la vita ad aiutare i ciechi. L’esempio dei nuovi Beati ci stimoli a trasformare le tenebre in luce con la forza dell’amore”.

Slovacchia: ecumenismo e libertà vanno di pari passo

All’insegna dell’ecumenismo è stato anche l’inizio della visita pastorale in Slovacchia, dove il Santo Padre si tratterrà fino a mercoledì prossimo. Giunto di Bratislava nel primo pomeriggio, il Pontefice è stato subito ricevuto nella Sala VIP dell’aeroporto dal presidente della Repubblica slovacca, Zuzana Čaputová.

Successivamente il Papa si è trasferito presso la nunziatura apostolica per l’incontro ecumenico, dove ha ricevuto il benvenuto del vescovo Ivan Eľko Presidente del Consiglio Ecumenico delle Chiese in Slovacchia. “Il cammino delle vostre comunità è ripartito dopo gli anni della persecuzione ateista, quando la libertà religiosa era impedita o messa a dura prova. Poi, finalmente, è arrivata”, ha detto Francesco, sottolineando come il nuovo cammino mostra “quanto sia bello, ma al tempo stesso difficile, vivere la fede da liberi”.

Bergoglio ha quindi fatto una citazione di un illustre slavo. Nel suo capitolo Leggenda del Grande Inquisitore (inserito ne I fratelli Karamazov), Fëdor Dostoevskij immagina Gesù tornato sulla terra, dove viene imprigionato e psicologicamente torturato da un inquisitore che gli muove l’accusa di “aver dato troppa importanza alla libertà degli uomini.

Egli afferma addirittura che “nulla è mai stato più intollerabile della libertà per l’uomo”. Gli uomini sono quindi disposti a “barattare volentieri la loro libertà con una schiavitù più comoda, quella di assoggettarsi a qualcuno che decida per loro, pur di avere pane e sicurezze”. Invece, come afferma San Paolo, «la libertà che abbiamo in Cristo Gesù» ed essa, ha aggiunto il Papa, “ci fa liberi”.

Qui, dal cuore dell’Europa – ha proseguito il Santo Padre – viene da chiedersi: noi cristiani abbiamo un po’ smarrito l’ardore dell’annuncio e la profezia della testimonianza? È la verità del Vangelo a farci liberi oppure ci sentiamo liberi quando ricaviamo comfort zone che ci permettono di gestirci e di andare avanti tranquilli senza particolari contraccolpi?”.

Citando l’esempio dei Santi Cirillo e Metodio, che evangelizzarono proprio nel cuore dell’Europa slava, il Pontefice ha posto ulteriori interrogativi: “Come possiamo auspicare un’Europa che ritrovi le proprie radici cristiane se siamo noi per primi sradicati dalla piena comunione? Come possiamo sognare un’Europa libera da ideologie, se non abbiamo il coraggio di anteporre la libertà di Gesù alle necessità dei singoli gruppi dei credenti?”.

In conclusione, il Papa ha elogiato il cammino ecumenico portato avanti in Slovacchia: “Il carattere mite e accogliente, tipico del popolo slovaccoha dettola tradizionale convivenza pacifica tra di voi e la vostra collaborazione per il bene del Paese sono preziosi per il fermento del Vangelo”.

Luca Marcolivio
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