Una decisione presa dal Vaticano dopo la promulgazione del motu proprio con cui il Papa ha fatto nascere il ministero apposito. E dall’inizio del prossimo anno cambieranno le regole per l’istituzione dei catechisti.
Ci sarĂ anche un Rito con una formula specifica in cui sono contenute tutte le indicazioni per quella che sarĂ una vera e propria missione, in molti ambiti diversi.
Papa Francesco infatti lo scorso 10 maggio ha introdotto formalmente il ministero del catechista con il motu proprio Antiquum ministerium. Ora Bergoglio ha fatto un passo successivo approvando e pubblicando uno specifico Rito di Istituzione dei Catechisti. Un testo che al momento è stato emesso solamente in un formato base che però dovrà essere tradotto e adattato dalle diverse Conferenze Episcopali del mondo.
Sarà infatti a queste che spetterà il compito di chiarire quali sono i requisiti che il profilo del catechista dovrà avere, e allo stesso tempo quale sarà il loro ruolo, offrendo di conseguenza un percorso formativo adeguato ad esso, che sia cioè il linea con la sua missione finale che è quella di formare i giovani e le comunità introducendo alla vita cristiana.
Per farlo, ci sarĂ quindi la necessitĂ di celebrare un Rito apposito, che potrĂ svolgersi durante una Messa o una celebrazione della Parola di Dio, e che seguirĂ uno schema preciso secondo le indicazioni date. Lo schema sarĂ quello di esortazione, invito alla preghiera, testo di benedizione e consegna del crocifisso.
In questo modo il Papa ha segnato senza dubbio un passo ulteriore per quanto riguarda la riflessione generale sui ministeri ecclesiali, ad esempio dopo la modifica del Diritto Canonico sull’accesso delle donne a lettorato e accolitato, e infine con l’istituzione del ministero di catechista. Di conseguenza, come ha spiegato l’arcivescovo Arthur Roche, Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, questo rito “offre un’ulteriore opportunità di riflessione sulla teologia dei ministeri per giungere ad una visione organica delle distinte realtà ministeriali”.
Roche ha infatti scritto una lettera di accompagnamento alla pubblicazione dell’Editio typica, indirizzata ai presidenti delle Conferenze episcopali. In questa si chiarisce la natura del ministero del Catechista, che è quella di “servizio stabile reso alla Chiesa locale” e che però è anche “essenzialmente distinto” dal ministero ordinato in quanto ha per fondamento la “comune condizione di battezzato”.
Il termine “catechista” indicherà perciò ruoli e realtà differenti tra loro, ad esempio in relazione al diverso contesto ecclesiale. Un catechista in territorio di missione avrà un compito diverso rispetto a un catechista in una Chiesa di antica tradizione. Ma i due profili principali sono quelli di catechista con compito specifico della catechesi, e altri che invece partecipano alle diverse forme di apostolato. Come possono essere ad esempio la guida della preghiera comunitaria, l’assistenza ai malati, le celebrazioni delle esequie, la formazione di altri catechisti, il coordinamento delle iniziative pastorali, l’aiuto ai poveri.
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In ogni caso, si tratta di un ministero con “una forte valenza vocazionale che richiede il dovuto discernimento da parte del vescovo”. Ma che allo stesso tempo non tutti coloro che vengono chiamati “catechisti” o che svolgono un servizio di collaborazione pastorale devono essere necessariamente istituiti. Come per esempio i candidati al diaconato e al presbiterato o i religiosi e le religiose, o anche gli insegnanti di religione nelle scuole e coloro che svolgono un servizio rivolto esclusivamente agli appartenenti di un movimento ecclesiale.
La parola conclusiva spetterà tuttavia singole Conferenze episcopali su profilo, ruolo e forme, tanto per i percorsi formativi quanto per la preparazione delle comunità a comprenderne il senso. Considerato che il Diritto Canonico prevede la possibilità di affidare ad un laico “una partecipazione nell’esercizio della cura pastorale di una parrocchia”, ma allo stesso tempo è necessario che la comunità “non veda nel catechista un sostituto” del prete o del diacono, ma un laico che collabora con i ministri ordinati.
I requisiti sono quelli di essere uomini e donne “di profonda fede e maturità umana”, “capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna”, con “la dovuta formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica”, che abbiano ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. E che presentino al vescovo una petizione “liberamente scritta e firmata”.
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Viceversa, per il Rito di iniziazione che li introdurrĂ a questo ministero, dal proprio vescovo durante una celebrazione liturgica, si userĂ una formula latina molto specifica. Che recita: “Accipe hoc fĂdei nostræ signum, cáthedram veritátis et caritátis Christi, eĂşmque vita, mĂłribus et verbo annĂşntia”. La traduzione in italiano è: “Accogli questo segno della nostra fede, cattedra della veritĂ e dell’amore di Cristo, e annuncialo con la vita, con i comportamenti e con la parola”.
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