Udienza generale | Come dà la pace il mondo e come la dà Gesù?

A metà della Settimana Santa, papa Francesco si sofferma sul vero significato della Pasqua, alla luce degli eventi attuali, e fa una citazione letteraria sorprendente.

La differenza che passa tra la Domenica delle Palme e la Domenica di Pasqua è nel concetto di pace. Lo ha osservato papa Francesco durante l’udienza generale odierna, tenuta alla vigilia del Triduo Pasquale.

La Pace arriva a dorso di un puledro

Quando Gesù fa ingresso in Gerusalemme, il popolo lo accoglie come un “nuovo re, che avrebbe portato pace e gloria”. Attendevano una “pace gloriosa, frutto di un intervento regale, quello di un messia potente che avrebbe liberato Gerusalemme dall’occupazione dei Romani”.

Altri ancora, “probabilmente, sognavano il ristabilimento di una pace sociale e vedevano in Gesù il re ideale, che avrebbe sfamato le folle di pani, come aveva già fatto, e operato grandi miracoli, portando così più giustizia nel mondo”.

Eppure, “Gesù non parla mai di questo”, ha sottolineato il Santo Padre. Il suo arrivo, in groppa a un puledro, simboleggia “mansuetudine e mitezza”, perché “il modo di fare di Dio è diverso da quello del mondo”.

Poco prima di Pasqua, poi, Gesù lascia all’umanità la “pace” ma “non come la dà il mondo”, che “crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione”. Questo tipo di pace “è solo un intervallo tra le guerre, lo sappiamo bene”, mentre “la pace del Signore segue la via della mitezza e della croce: è farsi carico degli altri”.

La pace di Gesù “non è frutto di qualche compromesso, ma nasce dal dono di sé. È una “pace mite e coraggiosa” ma “difficile da accogliere”. La folla che acclama Gesù, del resto, “è la stessa che dopo pochi giorni grida “Crocifiggilo” e, impaurita e delusa, non muove un dito per Lui”.

Sotto il torchio del Grande Inquisitore

Lo spunto dei Vangeli di questa settimana ha spinto il Pontefice a menzionare ancora una volta la Leggenda del Grande Inquisitore, contenuta ne I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij. “Si narra di Gesù che, dopo vari secoli, torna sulla Terra. Subito è accolto dalla folla festante, che lo riconosce e lo acclama”, ha ricordato il Papa.

In seguito, però, Gesù viene fatto arrestare dall’Inquisitore, che “rappresenta la logica mondana”, quindi “lo interroga e lo critica ferocemente”, per un motivo essenziale: “pur potendo, non ha mai voluto diventare Cesare, il più grande re di questo mondo, preferendo lasciare libero l’uomo anziché soggiogarlo e risolverne i problemi con la forza”.

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Gesù avrebbe anche potuto “stabilire la pace nel mondo, piegando il cuore libero ma precario dell’uomo in forza di un potere superiore, ma non ha voluto, ha rispettato la nostra libertà”.

Ecco, quindi, “l’inganno che si ripete nella storia, la tentazione di una pace falsa, basata sul potere, che poi conduce all’odio, al tradimento di Dio e a tanta amarezza nell’anima”. La pace di Gesù, al contrario, “non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata”.

Le uniche “armi” del Vangelo sono “la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, a ogni prossimo”. Solo così “si porta la pace di Dio nel mondo”.

La guerra, un oltraggio a Dio

La riflessione di Francesco si è quindi spostata sull’attualità della “guerra” vista come “azione umana per portare all’idolatria del potere”. Ecco perché “l’aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo”.

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Mentre il potere mondano lascia solo “distruzione e morte”, come “abbiamo visto in questi giorni”, la pace di Gesù “edifica la storia, a partire dal cuore di ogni uomo che la accoglie”.

La Pasqua è allora “la vera festa di Dio e dell’uomo, perché la pace, che Cristo ha conquistato sulla croce nel dono di sé, viene distribuita a noi”. Quest’anno in particolare, la Pasqua è “l’occasione benedetta per passare dal dio mondano al Dio cristiano, dall’avidità che ci portiamo dentro alla carità che ci fa liberi, dall’attesa di una pace portata con la forza all’impegno di testimoniare concretamente la pace di Gesù”.

In conclusione, Bergoglio ha esortato tutti a mettersi “davanti al Crocifisso, sorgente della nostra pace, e chiediamogli la pace del cuore e la pace nel mondo”.

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