Tuona l’Arcivescovo di New York e denuncia la causa di tutti i mali

La sorte dei migranti, le violenze nelle città, il razzismo, il suicidio giovanile… E se tutti questi mali avessero un’origine comune? È quello che afferma con forza il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York.

Tutti concordano oggi nel condannare i mali che dividono le nostre società.

Timothy Dolan
Il cardinale Timothy Dolan – photo web source

In politica come nella cultura, nella scuola, perfino nella Chiesa. Le immagini dei migranti e dei rifugiati bloccati alle frontiere hanno toccato – a giusto titolo – i cuori di tutti. Lo stesso vale per gli afghani che cercano di fuggire con ogni mezzo dalla ferocia dei talebani. Per non parlare delle violenze urbane, del razzismo, del suicidio giovanile o ancora dell’emarginazione degli anziani, spesso mal curati e abbandonati a sé stessi – come la pandemia ha evidenziato in maniera drammatica.

E se i mali della società venissero dalla negazione dei diritti umani nel grembo materno? È quel che pensa il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York. In un articolo pubblicato mercoledì 20 ottobre sul Catholic New York (CNY), il giornale ufficiale dell’Arcidiocesi, Dolan spiega che finché la vita del nascituro sarà in pericolo ogni vita sarà potenzialmente minacciata.

L’aborto: una minaccia per ogni vita

“Se la fragile vita di un bimbo nel grembo di sua madre – che la natura ovunque protegge come il posto più sicuro – può essere interrotta, chi è al sicuro?”, si interroga il cardinale. “Se le comodità, le “scelte” o i “miei diritti” possono prevalere sulla vita di un bimbo nel grembo, quale vita non è minacciata?”.

Oggi, dice Dolan citando papa Francesco, “viviamo in una “cultura dello scarto”. La società ci dice che la vita va bene purché sia utile e produttiva, non se è una prova o un inconveniente”. Di fronte a questa menzogna occorre il coraggio di dire un vigoroso “no” perché “ogni vita conta, ogni vita è sacra, indipendentemente dalle condizioni che potrebbero minacciarla”.

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Tutto ciò non avrà fine, suggerisce l’arcivescovo di New York, “finché non la faremo finita con la presunta licenza di radicale intoccabilità dell’aborto che sembra aver ammaliato un segmento della nostra società”. Come ha detto una volta Madre Teresa di Calcutta, “non dobbiamo essere sorpresi di sentire parlare di omicidi, di uccisioni, di guerre, di odio. Se una madre può uccidere il proprio figlio, cosa ci resta da fare se non ucciderci a vicenda?”.

Chi difende il bimbo debole e indifeso?

Quale messaggio diamo sulla dignità della persona umana e sulla sacralità della vita “quando la legge consente di distruggere la vita vulnerabile, costringe gli operatori sanitari a farlo contro la propria coscienza, e chiede che i soldi delle nostre tasse sovvenzionino tutto questo”?

Non andremo da nessuna parte, insiste il porporato, fino a quando le “potenti forze che premono sull’agenda dell’aborto” rifiuteranno di considerare qualunque “ragionevole limite al diritto di prendersi la minuscola vita di un nascituro”. È stato Robert Kennedy a osservare che la salute e la fibra morale della società si misurano dal modo in cui proteggiamo i più indifesi e vulnerabili. Ma “chi è più fragile e incapace di difendersi del piccolo bambino nel grembo materno?”, si domanda Dolan, che ribadisce: “Chiedo: chi parla a nome del bimbo debole e indifeso?”. Sì, perché “aspirare quel bimbo fuori dal grembo, smembrarlo o avvelenarlo equivale, come descrive papa Francesco, a affittare un  “sicario” per assassinare una vittima”.

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Anche quando oggi si parla del dramma dell’aborto, lo si fa per difendere la scelta di aver abortito. Ma nessuno parla del bambino abortito. “Bene, dobbiamo farlo”, afferma con forza il cardinale americano. Occorre un fronte comune a difesa della vita capace di unire credenti e non credenti. Infatti “l’aborto non è principalmente una questione religiosa, ma una questione di diritti civili” e “il “diritto” incondizionato e indiscusso all’aborto è disumano, violento e contrario ai diritti umani”.

Accompagnare la vita prima e dopo la nascita

Mentre reclama “eguale giustizia per il bambino”, Dolan chiede di accompagnare anche le “donne tentate di porre fine alla vita del loro bambino fornendo loro cure, compassione, accompagnamento, cure mediche adeguate, alternative come l’adozione e una cultura che protegga i bambini e le mamme prima e dopo la nascita”.

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Il prelato conclude chiedendosi quando mai si fermerà tutta la violenza e il disprezzo per la vita che così tanto ci fanno rabbrividire. “Il primo passo”, scrive, “deve essere la fine dell’aborto”.

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