Tuona il cardinale Müller contro alcuni Vescovi | Di cosa li accusa?

In un’intervista a Edward Pentin del National Catholic Register, il cardinale Gerhard Ludwig Müller si scaglia contro l’allineamento dei poteri (politici, mediatici, tecnologici, finanziari, economici), che ha “brutalmente sfruttato” la pandemia per imporre un pensiero unico che sta spaccando la società, portando la divisione anche all’interno delle famiglie.

Le parole del prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede giungono nel momento in cui diverse nazioni europee, insieme all’Australia, minacciano di imporre obblighi vaccinali ai propri cittadini.

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Il governo austriaco vorrebbe sanzionare coloro che persisteranno a non farsi vaccinare con multe salate (600 euro a trimestre), mentre le autorità greche già obbligano a vaccinarsi gli over 60 annunciando una multa di 100 euro al mese per chi rifiuta. Negli Stati Uniti invece i giudici hanno bloccato i tentativi dell’amministrazione Biden di introdurre obblighi vaccinali per i lavoratori americani.

Il porporato tedesco critica duramente anche quei vescovi che hanno chiuso le chiese e negato l’accesso ai sacramenti.

Obbligo vaccinale? Solo in caso di estrema emergenza

Per quel che riguarda queste spinte sempre più autoritarie alla vaccinazione obbligatoria, il cardinale ricorda che “solo in estrema emergenza una legittima autorità statale può imporre ai cittadini un obbligo generale di vaccinazione”.

“In tal caso”, spiega Müller, “1) il bene comune deve essere il fattore determinante che, in certe circostanze, può limitare, se non abolire, la libertà dell’individuo; 2) la produzione del vaccino deve essere eticamente sana e 3) le conseguenze mediche, psicologiche, sociali e gli effetti collaterali devono essere misurabili e rimanere proporzionati ai benefici attesi”.

Il problema – o meglio la tragedia – è che è governi si vedono costretti a abusare del loro potere perché hanno perso autorità. È quanto accade quando viene meno quel consenso diffuso che costituisce la molla dell’obbedienza. Il ricorso al potere duro, arcigno, che alterna il bastone e la carota e tratta i cittadini come bambini da disciplinare sta a mostrare, secondo le parole di Müller che “molti governi purtroppo hanno perso la fiducia dei cittadini a causa di misure caotiche che hanno una logica contraddittoria”.

La vera libertà, diceva la filosofa Simone Weil nella sua opera capitale La prima radice, non è mai illimitata. Ovunque ci sia vita comune, infatti, è inevitabile che sia limitata da regole imposte dal bene comune. Ma è altrettanto vero, evidenziava la Weil, che anche nel porre regole bisogna rispettare alcune fondamentali condizioni.

Come regolamentare in maniera sana la libertà

La prima condizione è “che le regole siano abbastanza ragionevoli e abbastanza semplici perché chiunque lo desideri e disponga di una media facoltà di attenzione possa capire sia l’utilità cui corrispondono sia le necessità di fatto che le hanno imposte”.

La seconda condizione è “che esse provengano da un’autorità che non sia considerata straniera o nemica, ma che venga amata come appartenente a coloro che essa dirige”.

Infine, terza condizione, “occorre – perché il pensiero le possa assimilare una volta per sempre e non urti contro di loro ogni volta che c’è una decisione da prendere – che esse siano abbastanza stabili, in numero abbastanza ridotto e abbastanza generali”.

Solo a queste condizioni “la libertà degli uomini di buona volontà, anche se limitata nei fatti, è, nella coscienza, totale; perché avendo le regole fatto corpo col loro proprio essere, le possibilità vietate non si presentano al loro pensiero e non hanno perciò bisogno di venir respinte”. Così come una persona di buon senso non avverte come limite alla sua libertà di alimentazione il fatto di non mangiare cibi tossici.

Non è difficile rendersi conto che nessuna di queste tre condizioni è stata rispettata dai governi che al contrario hanno partorito una miriade di regolamentazioni minuziose, cervellotiche, incerte, modificate di continuo. Se a questo aggiungiamo il clima generalizzato di sfiducia nelle istituzioni, ben precedente alla pandemia, capiamo bene che così facendo i governanti hanno simultaneamente aggredito la libertà e perso di autorità.

La pandemia sfruttata per imporre una svolta totalitaria

L’autoritarismo è la logica conseguenza di un potere senza autorità che si vede costretto, secondo le parole di Gustave Thibon, a cercare “di colmare questa lacuna moltiplicando e esagerando le manifestazioni esteriori dell’autorità”.

Müller fa notare che la fiducia nei governi è colata a picco perché “in diversi casi le normative sono state compromesse e inquinate dagli interessi finanziari e politici di lobby ideologiche e di colossi farmaceutici”. E così, “invece di unire la società nella lotta contro la pandemia, i poteri politici, i media mainstream e il Big Tech hanno brutalmente sfruttato la situazione per promuovere l’agenda del “Grande Reset”, cioè il pensiero totalitario”. Questa azione ha prodotto una profonda divisione nella società tanto che “perfino nelle famiglie le persone sono ai ferri corti tra loro”.

Le autorità politiche e religiose portano una grave responsabilità per la situazione che si è venuta a creare perché “in una crisi, i capi della Chiesa e dello stato devono adoperarsi per la coesione e evitare di discriminare i dissidenti chiamandoli “teorici del complotto”, “peccatori contro la carità”. Altrimenti, si rendono colpevoli della stessa cattiva e divisiva condotta di cui accusano pubblicamente gli altri”.

I vescovi: riconciliatori tra Dio e gli uomini, non propagandisti o cortigiani del potere

Colpisce particolarmente il silenzio delle autorità religiose davanti a misure gravemente discriminatorie e alla deriva autoritaria dei governi. A questo proposito Müller ribadisce che “vescovi e sacerdoti sono ministri della riconciliazione delle persone con Dio (2 Corinzi 5,19) e della riconciliazione delle persone tra loro (Lumen gentium 1; 21; 28). La loro missione e autorità vengono da Gesù Cristo e sono rese efficaci nello Spirito Santo”.

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La natura profonda del ministero impone loro dei precisi doveri: “I servitori di Cristo nel ministero apostolico non devono offrirsi come cortigiani ai potenti di questo mondo e farsi loro propagandisti. Secondo la nostra fede cattolica il papa, oltre a essere il primo testimone della rivelazione soprannaturale di Dio in Gesù Cristo, è anche il supremo custode della legge morale naturale. Il magistero della Chiesa perciò ha il diritto e il dovere di indicare i limiti del potere temporale, che si arresta davanti alla libertà di fede e di coscienza”.

Pastori secolarizzati e subordinati alle autorità secolari

Eppure alcune diocesi tedesche, come quella di Berlino, stanno applicando la regola del 2G (il “Super Green Pass” all’italiana) e consentono solo ai vaccinati o ai guariti di partecipare alle funzioni religiose.

Prima di tutto, sottolinea il cardinale Müller, bisogna ricordare che “contrasta con la legge divina il fatto che l’accesso ai mezzi della grazia della Chiesa, cioè ai sacramenti di Cristo, sia pregiudicato o addirittura vietato dalle autorità dello stato. Che anche i vescovi abbiano chiuso le loro chiese o negato i sacramenti alle persone in cerca di aiuto è un grave peccato contro l’autorità conferitagli da Dio. Questa è una prova scioccante di quanto la secolarizzazione e la scristianizzazione del pensiero siano già arrivate a toccare i pastori del gregge di Cristo”.

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Il prelato tedesco rammenta l’atteggiamento dei santi pastori: “In questa situazione, noi vescovi dovremmo ricordare l’esempio di san Carlo Borromeo e, soprattutto, lasciarci guidare dalla parola di Gesù: “Io sono il Buon Pastore. Il buon pastore dà la vita per le pecore” (Gv 10,11). I mercenari infatti, come dei signori feudali, dispongono della grazia di Dio come meglio credono. I vescovi, però, in quanto successori degli apostoli, non sono sovrani come li intende il mondo, ma ministri della Parola e ministri della grazia di Cristo”.

È sacrosanta “l’osservanza di regole ragionevoli per prevenire la trasmissione della malattia”, ma “non può essere usata per giustificare il rifiuto per principio dei sacramenti”. E questo “perché la grazia della vita eterna deve avere la precedenza sui beni temporali”.

Spalancare i cuori e i luoghi di culto alle persone che cercano Dio

In un momento di choc collettivo bisogna spalancare le porte della grazia divina, non chiuderle, ammonisce l’ex vescovo di Ratisbona: “In tempi di crisi, i luoghi di culto e i cuori delle persone devono essere spalancati perché le persone possano rifugiarsi in Dio, dal quale viene ogni aiuto”.

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La medicina è importante, ma è pur sempre un’opera dell’uomo che non può salvarlo dalla morte: “Tutti i vaccini hanno un effetto temporale limitato. Nessuna medicina o invenzione tecnica può salvarci dalla morte temporale e da quella eterna. Il Pane che Gesù dona è la cura per la morte eterna e — senza data di scadenza — il cibo per la vita eterna. “Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,51). Ed è per questo che, all’inizio del II secolo, il vescovo martire Ignazio di Antiochia, nella sua “Lettera alla Chiesa di Efeso” (20,2), poteva chiamare l’Eucaristia la ‘medicina dell’immortalità’”.

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Sulla stessa falsariga, il cardinal Müller conclude l’intervista ricordando che “il compito dei vescovi è amministrare l’Eucarestia ai fedeli, non tenerli lontani da essa. La devozione personale a casa e la concelebrazione virtuale sugli schermi non possono sostituire la presenza reale e fisica nell’assemblea dei fedeli, perché siamo esseri corporei e sociali. Pertanto, la grazia e la verità di Dio ci viene comunicata mediante l’Incarnazione del suo Figlio e condivisa con noi nella comunità della Chiesa. È il suo Corpo. Nell’Eucarestia Cristo è nascosto ma realmente presente con la sua divinità e la sua umanità — in carne e ossa”.

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