“Scesi in quel pozzo e gli asciugai gli occhi”: un racconto che fa tremare i polsi, dell’uomo che si calò nel pozzo per tentare di salvarlo.
Angelo Licheri era uno dei soccorritori che cercò di trarre in salvo il piccolo Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano. Ma non riuscì a salvarlo. “Ancora oggi, penso a lui tutti i giorni”. Il suo racconto.
Il pensiero di Angelo è fisso, costante, ogni giorno al piccolo Alfredino. Anche se a tanti anni di distanza, una tragedia del genere non si può dimenticare. E fu proprio “grazie” a tragedie come quelle, che l’Italia voltò pagina su quelli che saranno “i soccorsi nelle grandi catastrofi”, con l’istituzione della Protezione Civile.
“Non mi sento un eroe, mi sento solo una persona che ha fatto di tutto per aiutare un bambino” – con queste parole, Angelo Licheri inizia il suo racconto. Fu lui a scendere in quel pozzo, ad asciugare la bocca e gli occhi di Alfredino, mentre la sua vita iniziava ad essere appesa a un filo.
A quel tempo, Angelo faceva l’autista e il facchino presso una tipografia. Ma quella mattina, la notizia letta sul giornale di quel bambino di 6 anni caduto in un pozzo, fa scattare in lui qualcosa: “Avevo letto la notizia ed anche che i Vigili del Fuoco stavano facendo di tutto per salvarlo. Sentii dentro di me che il mio unico pensiero era di andare lì, in soccorso a quel bambino”.
Angelo si reca sul posto e rivolgendosi ai soccorritori, chiede cosa può fare per aiutare quel piccolo. Iniziarono a chiedergli se soffrisse di claustrofobia, se avesse qualche malattia…ma Angelo era convinto: non poteva lasciare Alfredino morire in quel pozzo.
La discesa nel pozzo e il suo riuscire a toccare con le mani il bambino. Ma non riuscì a tirarlo fuori. Ogni notte, per un certo periodo, Angelo sognava quei minuti passati nel pozzo con il bambino. Un momento della sua vita che mai riuscirà a dimenticare.
Ascoltiamo il suo racconto.
Fonte: fanpage
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ROSALIA GIGLIANO
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