Shock. Dalai Lama a un bimbo che gli chiede un abbraccio: «Succhiami la lingua»

In queste ore un video shock è diventato virale in rete: riprende il Dalai Lama che bacia un bambino durante un evento pubblico.

Monta l’indignazione del web. I media mainstream invece, come sempre quando non si tratta di preti o vescovi cattolici, smorzano i toni.

«Succhiami la lingua»: la richiesta shock del Dalai Lama a un bimbo e il doppio standard dei media
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Il video sta circolando in queste ore e lascia davvero senza parole. I suoi protagonisti sono la figura più sacra del buddismo tibetano, il Dalai Lama Tenzin Gyatso e, suo malgrado, un bambino (che alcuni media si sono prontamente affrettati a definire «ragazzo»).

Nel filmato, che risale al 28 febbraio scorso ma circolato solo ora online, si assiste a una scena sconcertante avvenuta nel tempio di Dharamshala, durante un evento che ha visto partecipare un centinaio di giovani studenti. È in questa occasione che l’anziano leader buddista (87 anni) avrebbe inviato il bambino a salire sulla piattaforma dove era seduto. Nel video si vede molto bene il Dalai Lama fare prima un cenno sulla guancia per chiedere un bacio («prima qui»). Dopo lo si vede trattenere il minore aggiungendo «Penso anche qui», per indicare le labbra, e baciarlo. Infine Tenzin Gyatso si rivolge ancora al piccolo per dirgli «Succhiami la lingua» – con tanto di lingua tirata fuori – mentre il leader spirituale e il bambino sono davvero a strettissima contatto.

Si vede poi il bimbo scansarsi rapidamente: una mossa accompagnata dalle risate del Dalai Lama che, sempre rivolgendosi a lui, lo esorta a guardare a chi crea «pace e felicità» e a non seguire invece «esseri umani che uccidono sempre altre persone». Infine la scena si conclude con un ultimo abbraccio.

La nota di scuse dello staff del Dalai Lama

Il video, diffuso come dicevamo solo adesso, è diventato virale sui social scatenando un’ondata di indignazione. Le reazioni sono state le più disparate. Lo staff del Dalai Lama ha replicato con una nota di scuse che appare la classica toppa peggiore del buco. Si legge infatti: «Sua Santità desidera scusarsi con il ragazzo e la sua famiglia, nonché con i suoi amici in tutto il mondo, per il dolore che le sue parole possono aver causato. Sua santità spesso prende in giro le persone che incontra in modo innocente e giocoso, anche in pubblico e davanti alle telecamere. Si rammarica dell’incidente».

Quello che colpisce, oltre alla scena ripugnante dell’abuso su un bambino, è la reazione tutto sommato contenuta, per non dire blanda, dei mass media, che hanno declassato l’accaduto a poco più che un fatto di cronaca «imbarazzante» e «inopportuno», sottolineando la richiesta di «scuse» del Dalai Lama.

Il doppiopesismo dei media

Un noto sito di sbufalatori della rete ha parlato di una «sfortunata esternazione del Dalai Lama» buttandola sul relativismo delle culture. Affrettandosi ad avvertirci che nella cultura tibetana l’atto di mostrare la lingua ha un significato diverso rispetto al nostro. Peccato solo che qui non si sia trattato solo di “mostrare”…

Qualcuno ha fatto notare il doppiopesismo di queste uscite puntando il dito sulla reazione oltremodo soft dei media internazionali. L’aria che circola tende insomma a minimizzare la portata dall’accaduto. Ma sì, che problema c’è? In fondo il Dalai Lama si è scusato, no?

Pell in manette
Il cardinale Pell in manette – photo web source

E se lo avesse fatto un prete?

Chiediamoci però cosa sarebbe successo se come protagonista di questo sconcertante teatrino ci fosse stato un esponente della gerarchia cattolica. Pensiamo solo al linciaggio mediatico che ha dovuto patire il cardinale australiano George Pell, incarcerato per accuse di abusi sessuali poi dimostratesi false.

Tutt’altro standard sembra essere applicato nel caso del Dalai Lama che, lo ricordiamo, nel 2018 ha ammesso (pressato dai fedeli) di essere stato al corrente da diversi anni degli abusi sessuali commessi sui giovani da parte dei maestri buddisti, ma di aver sempre taciuto. Il capo supremo del buddismo tibetano si limitò a dire: «Le persone che commettono violenze sessuali non seguono l’insegnamento di Budda, quindi ora che tutto è stato reso pubblico, dovranno fare i conti con la vergogna».

Un po’ pochino. All’epoca Maurizio Crippa del “Foglio” fece notare come googlando “George Pell sex abuse” uscissero 24 milioni e 700 mila occorrenze. Mentre una ricerca con la parola chiave “Dalai Lama sex abuse” ne faceva uscire soltanto 1 milione e 130 mila. Fatta la tara al totale dei fedeli delle due religioni, restava comunque una differenza significativa. Che da quantitativa diventava qualitativa. Come se ci fosse un doppio standard morale: intransigenza e rigore assoluto col clero cattolico (a prescindere dalla effettiva responsabilità, i preti sono sempre e comunque pedofili), toni soft e “comprensivi” invece col Dalai Lama che, anzi, allora se la cavò pure ricevendo applausi per la sua “trasparenza”.

La differenza con la macchina del fango per Giovanni Paolo II

Impossibile non notare il doppio standard proprio adesso, quando si cerca di infangare la figura di Giovanni Paolo II, accusato in Polonia di aver coperto dei preti abusatori quando era Arcivescovo di Cracovia. Peccato che, come ha mostrato Roberto Marchesini sulla “Nuova Bussola Quotidiana”, si tratti di documenti provenienti dal servizio segreto SB (in mano comunista), quasi sempre falsi e spesso compilati con intenti ricattatori (come pare avvenuto anche in questo caso).

Ma figuriamoci: anche qui scatta il meccanismo dei due pesi e delle due misure. Per Karol Wojtyła garantismo zero e macchina del fango che funziona a pieno regime (come al tempo, appunto, del regime comunista).

Dalai Lama abusi
Don Fortunato Di Noto photo web source

Il commento di Don Fortunato Di Noto

Il Dalai Lama, dicevamo, ha presentato le sue scuse. Ma in casi come questi scusarsi non è sufficiente. Lo ricorda su Facebook Don Fortunato Di Noto, il sacerdote in prima linea nella lotta alla pedofilia con la sua associazione Meter. «In Italia un bacio in bocca a un bambino/a è violenza sessuale», spiega don Fortunato. Aggiungendo poi: «Per il Dalai Lama è solo un chiedere scusa….. che brutto esempio da parte di un maestro spirituale, in forza del suo potere spirituale».

Don Di Noto, che si dice «dispiaciuto e intristito per il bambino» oltre che «indignato per le risate e i commenti», definisce «disgustoso quel bacio e quella richiesta a un bambino (davanti a centinaia di giovani): “succhiami la lingua” da parte del Dalai Lama, un maestro spirituale e premio Nobel per la pace».

Quanto al comunicato di scuse, il sacerdote siciliano fa notare che queste «non possono mai giustificare il preteso gesto che non può essere annoverato tra gli abituali scherzi». Già, perché, ribadisce il presbitero, «in Italia un bacio in bocca a un bambino/a è violenza sessuale, irrilevante viene ritenuto il richiamo al fatto che non ci si trovi di fronte a “un bacio con la lingua”: (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 29235/17; depositata il 13 giugno 2017)».

Il sacerdote della diocesi di Noto riferisce anche di messaggi privati in cui gli viene consigliato di guardare in casa propria prima di criticare «un grande maestro spirituale» come il Dalai Lama. Dimenticando forse che proprio lui da una vita si batte a difesa dei bambini da ogni specie di abuso. Ma la macchina del doppio standard non risparmia nessuno. Basta indossare un abito da sacerdote cattolico e in casi come questi il fango è assicurato, provare per credere. «Mi aspettavo, se mi è lecito dirlo, una maggiore reazione da chi si occupa di tutela dei bambini; forse mi sbaglio! o non ho letto!», conclude don Di Noto.

Due pesi e due misure? Se sei politicamente corretto, certo che sì

Difficile dargli torto. Perché questo doppio standard? Forse un indizio può essere il fatto che il Dalai Lama si è sempre mostrato piuttosto pronto a “riallinearsi” rapidamente alla tavola di valori del Politicamente Corretto. Come quando diede il suo placet alle “nozze” gay dopo che nel 2006 aveva pronunciato invece, parole sue, un «no assoluto» e «senza sfumature» alla richiesta di endorsement da parte di una coppia gay che gli si era presentata davanti.

Chi invece si dimostra più ostinato nelle sue convinzioni morali sembra godere, diciamo, di minor simpatia e comprensione da parte della stampa. Coincidenze? C’è da dubitarne. Del resto non è una novità: Cesare si è sempre mostrato benevolo con chi è docile ai suoi diktat.

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