La notte tra martedì e mercoledì è stata segnata dalla violenza in Nicaragua: mentre Ortega (presidente del Nicaragua) si incontrava con i rappresentanti della società civile a Managua, i manifestanti sono scesi un’altra volta in piazza a Matagalpa per chiedere le dimissioni del governo. Le proteste sono state fronteggiate dalla polizia e dalle forze para militari filo governative con la violenza e questo ha portato a numerosi scontri con conseguenze decisamente tragiche: durante gli scontri è morto sicuramente uno dei manifestanti (tre secondo alcune voci di corridoio), Wilder Reyes Hernández, e sono state ferite oltre 60 persone tra cui il parroco don Roger Garcia, che si era esposto aprendo le porte della chiesa per il soccorso dei feriti, ed un bambino di 18 mesi.
Se a 120 chilometri da Managua gli scontri tra civili e forze dell’ordine sono diventati violenti, fuori e dentro la sede della trattativa tra governo e rappresentanti della società civile, il seminario di Fatima, la situazione era quantomeno tesa. Ad attendere l’ingresso di Ortega e della moglie (oltre che vice presidente) Rosario Murillo c’era una folla di manifestanti che ha cominciato ad urlare “Assassini” ai leader del paese per i duri atti di repressione di questi mesi.
Durante la discussione Ortega e Murillo hanno giustificato la violenza della polizia come un atto di difesa dalla ferocia dei manifestanti, una giustificazione che ha mandato su tutte le furie i rappresentanti della popolazione presenti i quali hanno chiesto a più riprese la cessazione delle operazioni di repressione. Qualcuno ha anche avanzato l’ipotesi delle dimissioni di Ortega, scenario difficile da immaginare visto che proprio lui ha cambiato la costituzione per poter governare oltre i 2 mandati (in carica ininterrottamente dal 2007). Le dimissioni di Ortega sarebbero infatti l’unica mossa politica in grado di far cessare gli scontri, secondo alcuni sondaggi infatti oltre il 67% della popolazione nicaraguense vorrebbe un cambio al timone del Paese.
Luca Scapatello
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