Sono sempre di più le testimonianze di scienziati che, indagando le leggi dell’Universo, trovano Dio nel loro cuore.
E’ un percorso lungo e delicato, forgiato dalla sofferenza, quello che racconta la dottoressa Sarah Salviander (ricercatrice del Dipartimento di Astronomia all’Università del Texas e docente di Astrofisica alla Southwestern University), in un discorso che ripercorre il suo incontro col Creatore e la sua mancanza, sin dall’infanzia.
Ora, che è moglie e madre, nonché una professionista affermata, si propone di mettere al servizio di altri tutto il suo sapere, duramente conquistato.
Sarah era nata in una famiglia atea e, fino all’età di 25 anni, non aveva conosciuto molti cristiani.
Fu uno stage di ricerca, presso l’Università della California, sulle prove del Big bang, a farle percepire che ci doveva pur essere un ordine, nelle cose del mondo: “Senza saperlo, stavo risvegliando in me quello che il Salmo 19 dice chiaramente: “I cieli narrano la gloria di Dio; il firmamento annunzia l’opera delle sue mani”.
Ma la vita non aveva ancora finito di insegnare qualcosa a Sarah: “Mi è stato diagnosticato il cancro, non molto tempo dopo mio marito si è ammalato di meningite ed encefalite, guarendo per fortuna. La nostra bambina, di circa sei mesi, soffriva di trisomia 18, un’anomalia cromosomica fatale, ed è morta poco tempo dopo. E’ stata la perdita più devastante della nostra vita, mi ha colto la disperazione, fino a quando ho lucidamente avuto una visione della nostra bambina tra le braccia amorevoli del suo Padre celeste: solo allora ho trovato la pace. Pensai che, dopo tutte queste prove, io e mio marito non eravamo solo più uniti, ma anche più vicini a Dio. La mia fede era reale. Io non so come avrei fatto di fronte a tali prove, se fossi rimasta atea”.
La trasformazione del cuore di Sarah era avvenuta attraverso la sofferenza più atroce, ma proprio in quel frangente, aveva riconosciuto e sentito la vicinanza del Signore: “Amo la mia carriera di astrofisico. Non riesco a pensare a nient’altro di meglio che studiare il funzionamento dell’universo e mi rendo conto ora che l’attrazione che ho sempre avuto verso lo spazio altro non era che un desiderio intenso di una connessione con Dio. Non dimenticherò mai quando uno studente, poco tempo dopo la mia conversione, si è avvicinato chiedendomi se era possibile essere uno scienziato e credere in Dio. Gli ho detto di si, naturalmente. L’ho visto visibilmente sollevato e mi ha riferito che un altro professore gli aveva invece risposto negativamente. Mi sono chiesta quanti altri giovani erano alle prese con domande simili (…).
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