Riformatore del Carmelo insieme a santa Teresa d’Avila, San Giovanni della Croce ha mostrato come anche nella notte dell’anima si mantiene la fiamma viva dell’amore.
Il 14 dicembre è la memoria liturgica di San Giovanni della Croce, grande mistico e riformatore dell’Ordine del Carmelo. Collaborò con santa Teresa d’Avila a questa importante opera di riforma e mostrò le dinamiche del percorso verso la santità che l’anima compie.
Nacquecon il nome di Juan de Yepes Álvarez il 24 giugno 1542 a Fontiveros, un villaggio della Castiglia nei pressi di Avila da una famiglia di povere condizioni economiche. Studiò a Medina al Collegio dei Gesuiti e poi a 21 anni entrò nel Carmelo.
Diventò sacerdote e poi conobbe santa Teresa d’Avila. Divenne un suo collaboratore nell’opera di riforma dell’Ordine che la grande santa e mistica aveva intrapreso. Così si dedicò al ramo maschile e dopo aver dato vita al primo convento dei Carmelitani Scalzi a Duruelo, vicino Avila, aggiunse al suo il nome religioso “della Croce”.
Subì molti contrasti da parte dei cosidetti “calzati”, i frati che non accoglievano la riforma e fu calunniato, e condannato ingiustamente al carcere. Fu per lui un periodo estremamente doloroso durato 8 mesi, in cui furono tante le umiliazioni che dovette sopportare, sia fisiche che morali.
Durante il tempo della prigionia si ammalò fisicamente e interiormente sperimentò ciò che definì la “notte oscura” dell’anima. A questo proposito il Martirologio Romano ricorda che “come attestano i suoi scritti, ascese attraverso la notte oscura dell’anima alla montagna di Dio, cercando una vita di interiore nascondimento in Cristo e lasciandosi ardere dalla fiamma di amore di Dio“. Poi, riuscì coraggiosamente a fuggire dalla prigione.
San Giovanni della Croce è stato un maestro di mistica, e nelle sue opere scritte ha lasciato preziose indicazioni per il cammino spirituale. Nella Salita al Monte Carmelo descrive l’ascesa dell’anima verso Dio da cui viene e verso cui tende. Il Monte Carmelo rappresenta simbolicamente la vetta mistica e quindi Dio nella sua gloria e nel suo amore.
Per arrivare alla meta l’anima deve attraversare la notte dei sensi e la notte dello spirito, per una purificazione attraverso la quale l’anima si libera dall’attaccamento disordinato alle cose sensibili e si affida totalmente e liberamente a Dio.
In una sua celebre frase si riassume molto di questo: “Per giungere dove non sei, devi passare per dove non sei. Per giungere a possedere tutto, non volere possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non volere che essere niente”. Per lui non si tratta tanto di lasciare o rinunciare a qualcosa ma di amare il Signore.
L’amore era al centro della sua vita. Infatti diceva come consiglio a chi gli chiedeva come affrontare le difficoltà: “Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio. E dove non c’è amore, metta amore e ne riceverà amore“.
Oltre la Salita al Monte Carmelo, compose anche il Cantico spirituale, in cui descrisse il cammino di purificazione dell’anima che conduce alla gioia del “possesso di Dio”. Nella Notte oscura si soffermò sul buio dei sensi e dell’anima e sono illustri e intense le sue composizioni poetiche.
Morì nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1591 in Andalusia, nel monastero di Ubeda. Stava recitando l’Ufficio delle letture con i confratelli quando disse: “Oggi vado a cantare l’Ufficio in cielo” e spirò poco dopo.Beatificato nel 1675, fu canonizzato nel 1726 e dichiarato Dottore della Chiesa da papa Pio XI.
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