I Santi Martiri Coreani furono vittime delle persecuzioni religiose. Alcuni furono canonizzati da Giovanni Paolo II, altri furono beatificati da Papa Francesco.
La Chiesa Cattolica coreana fonda le sue radici nel XVII secolo. Agli inizi del Seicento, a seguito degli scambi culturali con la Cina, alcuni coreani vennero in contatto con il mondo cristiano. Essi si convertirono grazie a un testo del padre Matteo Ricci, gesuita e grande evangelizzatore, stimato come uno dei più grandi padri missionari della Cina. Il testo in questione era La vera dottrina di Dio, che rappresentò una grande fonte di ispirazione per quei laici, tra cui il pensatore Lee Byeok, che vollero dar vita alla prima comunità cristiana della Corea.
I Santi Martiri Coreani e i sacramenti
Sappiamo dunque che furono i laici a fondare la Chiesa Cattolica coreana. Questi, venuti a contatto con gli evangelizzatori cattolici in terra cinese, organizzarono una propria gerarchia, celebrando i sacramenti cristiani, come il Battesimo, di cui fu pioniere Lee-sunghoon, fattosi battezzare e mutando il suo nome in Pietro. I laici fondatori celebrarono anche la Cresima e l’Eucarestia.
L’invio del Sacerdote e le prime persecuzioni
La comunità cristiana di Corea crebbe in poco tempo e, grazie al Vescovo di Pechino, con il quale i fondatori erano in contatto, vi si stabilì in Corea anche un Sacerdote, dando vita alla successione apostolica, di cui la comunità necessitava, per stabilire una gerarchia. Il Prete Chu-mun-mo fu inviato in Corea e i fedeli, in poco tempo, crebbero a dismisura. Tuttavia un tragico evento stava per raggiungere la neonata comunità: la persecuzione contro i cristiani del 1875. Pochi anni dopo, nel 1801, l’unico Sacerdote venne ucciso.
L’arrivo di nuovi Sacerdoti
Il re Sunjo, a un solo anno di distanza dall’uccisione del Sacerdote, emanò un editto di Stato. L’editto ordinava lo sterminio di tutti i cristiani. La comunità neofita rimase dunque senza guida spirituale. I cristiani sopravvissuti al tragico evento, chiesero aiuto al Pontefice, affinché inviasse nuovi Sacerdoti in Corea. Dal 1837, il Papa inviò il Vescovo Lorenzo Imbert e i Presbiteri Pietro Maubant e Giacomo Chastan, appartenenti alla Società per le Missioni Estere di Parigi.
Il ntentativo di Andrea Kim Taegon e la libertà religiosa
I nuovi arrivati subirono il martirio dopo pochi anni. Un estremo tentativo fu tentato da Andrea Kim Taegon, Prete sudcoreano, il quale ottenne l’ingresso in paese di un Vescovo e di un Sacerdote. Anche il Sacerdote subì dapprima numerosi interrogatori e successivamente diverse carcerazioni, prima di essere decapitato, nel 1846, per aver rifiutato di rinnegare la fede in Dio. Ma da quel momento non mancò più in Corea una gerarchia cattolica, nonostante l’atroce persecuzione del 1866. A partire dal 1882 il governo coreano decretò la libertà religiosa.
Culto
Il Santo Pontefice Giovanni Paolo II canonizzò i 103 Martiri Coreani, il 6 maggio del 1984. Altri 124 sono stati beatificati, il 16 agosto del 2014, da Papa Francesco. Tra questi, ricordiamo i nomi più illustri: Andrea Kim Taegon, primo Sacerdote coreano, Paolo Chong Hasang, catechista, e i Sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi. La Chiesa Cattolica festeggia la loro memoria liturgica il 20 luglio.
Il Martirologio Romano e i Martiri Coreani
Il Martirologio Romano, che definisce i Martiri Coreani “atleti di Cristo” li commemora con queste parole: «Memoria dei Santi Andrea Kim Tae-gon, Sacerdote, Paolo Chong Ha-sang e compagni, martiri in Corea. In questo giorno in un’unica celebrazione si venerano anche tutti i centotré martiri, che testimoniarono coraggiosamente la fede cristiana, introdotta la prima volta con fervore in questo regno da alcuni laici e poi alimentata e consolidata dalla predicazione dei missionari e dalla celebrazione dei sacramenti. Tutti questi atleti di Cristo, di cui tre Vescovi, otto Sacerdoti e tutti gli altri laici, tra i quali alcuni coniugati altri no, vecchi, giovani e fanciulli, sottoposti al supplizio, consacrarono con il loro prezioso sangue gli inizi della Chiesa in Corea».
Fabio Amicosante