Santi Tiburzio, Valeriano e Massimo si convertirono al cristianesimo e proprio in nome della fede furono condannati a morte. Il prefetto Almachio li fece perseguitare e uccidere.
Tiburzio, Valeriano e Massimo vissero nel III secolo. Ci sono diverse fonti che parlano dei tre Santi, già dal V secolo. Due fonti in particolare parlano della loro vita e delle vicende storiche.
La Passio di Santa Cecilia ci parla in particolare di Valeriano. San Valeriano era un nobile cavaliere romano. Fu sposo di Cecilia e fu proprio la giovane Cecilia a convertirlo nel giorno del loro matrimonio. Prima di sposarsi, Cecilia gli ha comunicato il suo voto di perpetua verginità. Valeriano decise di accettare la richiesta della giovane moglie che gli disse: “Se tu mi rispetterai, l’Angelo che mi protegge ti amerà, come ama me”. San Valeriano divenne un fedele di Papa Urbano I, come la giovane moglie.
Papa Urbano I battezzò San Valeriano. Dopo poco tempo Valeriano convertì suo fratello, Tiburzio. Nel III secolo le persecuzioni verso i cristiani erano molto violente. Il prefetto Almachio condannò a morte il neo-convertito San Valeriano insieme al fratello Tiburzio. I due fratelli avevano seppellito due cristiani giustiziati, questa fu usata come causa della condanna.
Il prefetto Almachio scelse per l’esecuzione dei fratelli il Cornicularius (ufficiale del console) Massimo. Egli, prima della sentenza definitiva, si convertì al cristianesimo. Fu condannato anche Massimo e in seguito fu ucciso. Cecilia seppellì i fratelli Valeriano e Tiburzio in un posto denominato Pagus, a quattro miglia da Roma. Poco dopo seppellì anche Massimo, in un apaltro sarcofago.
L’altra fonte che ci parla dei Santi Tiburzio, Valeriano e Massimo è il Martirologio geronimiano. Il Martirologio cita i tre Santi quattro volte. La fonte indica i tre Santi sepolti nel cimitero di Pretestato. Tale versione è stata ripresa dal Martirologio romano, che commemora i tre Santi il giorno 14 aprile. Dal Martirologio romano: «A Roma nel cimitero di Pretestato sulla via Appia, Santi Tiburzio, Valeriano e Massimo, martiri».
Fabio Amicosante
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