Cosa è davvero necessario per rispondere alla chiamata di una vocazione sacerdotale?
In primo luogo, bisogna appurare la profondità della chiamata interiore, al servizio verso gli altri e ad ogni azione pastorale necessaria.
Poi, si deve verificare se si tratti di un entusiasmo passeggero o se, invece, sia una disposizione duratura.
La chiamata, solitamente, viene suscitata dall’osservare l’operato di altri sacerdoti e dal desiderare, fortemente, di fare altrettanto.
E’, dunque, fondamentale avere delle buone ragioni per entrare in seminario, perché quella sia una strada che possa rafforzare la vocazione sacerdotale, mentre aumenta la potenza della fede e la volontà di occuparsi degli altri.
Il sacerdozio, infatti, implica molte responsabilità, verso Dio e i fratelli, di cui ogni “chiamato” dovrebbe essere cosciente e per cui dovrebbe essere assolutamente preparato e pronto.
La chiamata interiore iniziale -se così si può definire- deve, pertanto, essere provata e forgiata al fuoco del discernimento, aiutati dallo Spirito Santo, dalla preghiera, dalla propria consapevolezza di voler essere un cristiano autentico e una guida per gli altri.
“Essere sacerdote non significa abbracciare una carriera nel senso abituale del termine. Non si tratta di conquistare prestigio, ottenere uno status e acquisire certi vantaggi. Si tratta di amare Dio ed il suo popolo e di scoprire la maniera migliore di rispondere all’amore di Dio servendo gli altri”. Le parole di Padre Etzel riassumono benissimo ciò che deve essere un sacerdote.
Ogni persona che voglia saggiare la propria chiamata vocazionale, può farsi aiutare, per fare chiarezza nel proprio cuore, da una guida spirituale, ma anche dalle persone care, che ben comprendono la sua natura e le sue propensione.
Esse saranno lo specchio, attraverso cui guardarsi e ragguagliarsi sul da farsi.
Antonella Sanicanti
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