Ecco la chiamata al 112 che ha praticamente condannato tutte le persone che erano sepolte dalla slavina di neve abbattutasi sull’albergo di Rigopiano
La telefonata chiave è quella di mercoledì 18 gennaio alle 18:20. “Sono Marcella di cognome, Quintino di nome”, esordisce il ristoratore che aveva ricevuto un messaggio vocale da un amico che si trovava a Rigopiano.
Marcella: “Mi sente?”
Funzionaria: “Sì che la sento”.
M: “Sono Marcella di cognome, Quintino di nome. Il mio cuoco mi ha contattato su WhatsApp cinque minuti fa, l’albergo di Rigopiano è crollato, non c’è più niente… Lui sta lì con la moglie, i bimbi piccoli… intervenite, andate lassù”.
In questo scambio di frasi si consuma l’equivoco fatale: nella mattinata una scossa aveva fatto crollare il tetto di una stalla di un allevatore nei pressi di Farindola. L’operatrice quando sente la parola Rigopiano, come sottolinea Repubblica, pensa immediatamente alla stalla ed esclude l’ipotesi che ci sia qualche problema all’hotel. Così da questo momento in poi Marcella prova a far ragionare l’operatrice:
F: “Come si chiama quel cuoco?”.
M: “Giampiero Pareti. È quello della pizzeria, è il figlio di Gino…”.
A questo punto entra in campo un altro equivoco. Il direttore dell’hotel Di Tommaso era stato contattato dal centralino del Css per informarsi sulla situazione. Marcella aveva chiamato anche il 118 prima di chiamare il Css. Ma Di Tommaso quando viene contattato non è a Farindoli ma a Pescare e non può sapere cosa sia successo all’hotel. E così la funzionaria non crede alle parole di Marcella:
F: “Due ore fa, le confermo, al 118 hanno parlato con l’hotel. Non le dico una bugia! Ma se fosse crollato tutto, pensa che che rimarremmo qua?”
M: “Si metta in contatto col direttore…”.
QUELLO CHE POI E’ ACCADUTO LO SAPPIAMO TUTTI, NON CI SONO ULTERIORI COMMENTI DA FARE. NOI NON CONDANNIAMO NESSUNO MA DI CERTO CHI HA DELLE RESPONSABILITA’ BEN PRECISE SE LE DEVE ASSUMERE TUTTE, E DEVE PAGARNE LE CONSEGUENZE
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