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“I ragazzi down sono i più up che conosco!”.

Paolo Ruffini

“I ragazzi down sono i più up che conosco!”.
Così, mentre i Paesi del Nord Europa promuovono l’aborto per i bambini affetti dalla sindrome di Down, ci sembra d’obbligo parlare della lodevole iniziativa di Paolo Ruffini.
L’attore, infatti, ha scelto proprio un gruppo di ragazzi Down (cinque ragazzi Down e uno autistico, per la precisione), per mettere in scena il suo ultimo spettacolo teatrale dal titolo Up&Down, che, già nei prossimi giorni, sarà in molti e rinomati teatri italiani.

“E’ uno spettacolo che racconta le relazioni umane in chiave comica. Sono sul palco con 6 ragazzi della compagnia Mayor Von Frinzius”. “Tutti livornesi e ormai attori professionisti a tutti gli effetti”, dice l’attore.

E Paolo Ruffini sottolinea che spesso, nella nostra società, molti sono considerati, a torto, dei disagiati, dei portatori di handicap, sono indicati come coloro che sono inabili a fare alcune cose, senza considerate che coloro che si ritengono normodotati sono inabili alla gentilezza, all’altruismo, al rispetto per gli altri. Quanti, tra coloro che incontriamo ogni giorno, sono menomati nei loro sentimenti verso il prossimo, afflitti dalla loro concezione egoistica di fare le cose, sterili nelle iniziative umanitarie?

Quei ragazzi sono attori professionisti e, come tali, sono stati ingaggiati e vengono retribuiti, come chiunque altro.
Lo spettacolo -spiega Paolo Riffini- “verte sul fatto che io voglio fare un varietà, un one man show con grandi scenografie, paillettes, ospiti. E lo dichiaro al pubblico. Ma, appena si apre il sipario, si vedono degli alberi di Natale e quindi c’è qualcosa che non torna. Da lì in poi, da parte dei ragazzi, comincia una sequela di apparenti boicottaggi, dove in realtà ognuno degli attori dimostra di essere molto più abile di me in varie discipline. Uno degli aspetti di Up&Down è proprio l’abilità e la disabilità alla felicità, al mettersi in discussione, ad ascoltare. Chi frequenta i Down sa che hanno una grande confidenza con la vita, con la fisicità, con la bellezza. Sono davvero i ragazzi più up che conosco, mentre in giro per la strada trovo tanti down incazzati con la vita, persone che non sono abili al sorriso, ad accorgersi della bellezza”.

E non è tutto: durante lo spettacolo, il pubblico è chiamato ad interagire, come in una sorta di talk show, proprio sulle relazioni umane.

Questo espediente permette ai ragazzi con qualche problema di memoria di improvvisare in scena, mostrando un’abilità attoriale non indifferente, che rende, tra l’altro, ogni spettacolo diverso dall’altro.

“In Up&Down c’è anche una riflessione sui Social, che prende spunto dalla frase di un hater che, commentando lo spettacolo, mi ha scritto su facebook: “Non vedo la differenza tra Ruffini e i Down”. Frase cui ho risposto: Infatti non c’è”.
Lo spettacolo è dedicato a tutti noi, perché riflettiamo bene sulla natura delle cose e sulla durezza del cuore, su coloro che sono davvero “in down, che sono cioè un po’ tristi. L’idea nostra non è di fare uno spettacolo, ma di creare un’occasione, un’opportunità”, perché “essere felici è un atto rivoluzionario”.

Antonella Sanicanti

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