Quale inganno induce i giovani a una visione distorta di Dio?

La domanda risuona potente tra le parole di don Fabio Rosini, sacerdote noto per il suo grande carisma e travolgente seguito tra i ragazzi, che letteralmente riempiono fino all’entrata i luoghi in cui si trova per incontrarli, con Messe o catechesi. 

Don Rosini è prete nella diocesi di Roma e direttore del Servizio per le vocazioni della stessa. La sua attività pastorale è diventata particolarmente nota grazie i percorsi per giovani denominati “Dieci comandamenti” o “Sette segni”.

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Oltre a questo, don Fabio Rosini ha scritto due libri di grande successo, Solo l’amore crea e L’arte di ricominciare, e ad oggi insegna Bibbia e comunicazione della fede all’Università della Santa Croce. Di recente don Fabio ha avuto problemi di salute, di cui ha parlato anche nel suo ultimo libro, ma nonostante ciò non ha mai smesso di indicare ai più giovani la strada di Gesù, evangelizzando come ogni religioso è chiamato a fare. Anche se non sempre ci si riesce al meglio.

Il volto di Dio è un volto di padre

Intervistato dal quotidiano Avvenire, Rosini è entrato nel merito della paternità di Dio, e del bisogno crescente di Lui che tanti giovani hanno, talvolta senza rendersene nemmeno conto. “Il volto di Dio che appare nella paternità di Giuseppe è un volto di padre“, ha spiegato al giornalista che lo ha intervistato, parlando di “una pedagogia che apre al mistero divino attraverso l’esercizio della genitorialità umana”.

“In questo senso, anche se può sembrare strano, il volto di Dio in Giuseppe appare splendidamente nel suo diventare invisibile. Il compito del padre non è risolvere i problemi ai figli, ma insegnare ai figli come risolverli da soli. In questo senso la meta del padre è diventare invisibile, privo di ogni forma di possessività“.

Un aspetto rivoluzionario del modo in cui don Fabio parla del Signore, è che dalla sua voce e dalle sue catechesi non emerge un Dio lontano, inarrivabile, oppure oppressivo, duro. Al contrario, chi lo ascolta riceve davvero la sensazione che esiste un padre “costruttore di libertà” che affianca, ogni giorno, nella vita, e non ci lascia mai.

Dio ci dà fiducia, ci vuole liberi

Dio ci dà fiducia, ci vuole liberi. A Dio possiamo dire di no, possiamo insultarlo… lo abbiamo persino crocifisso e lui ci ha amato lo stesso. Dio sa sparire mille volte dalla nostra vita per lasciarci liberi di tornare da soli. Senza libertà non c’è amore, non c’è nulla”, spiega Rosini. Il desiderio di cui parla Rosini, infatti, è lo stesso che fa da filo comune in tutta la Bibbia, pervadendo il cuore di ogni uomo sia prima che dopo la prima Venuta di Gesù.

“L’uomo desidera vederlo quando tocca il fondo. Pensiamo al figlio prodigo… solo se sono povero divento capace di cercare Dio veramente“, spiega, con un piglio romanesco che lo caratterizza e che tanti hanno imparato a conoscere e ad amare. “Dio mi stima e mi attende. E se mi capita qualcosa che mi fa tornare da Lui è perché, per dirlo alla romana, ‘Dio mena da fermo’, nel senso che non mi dà uno schiaffone dall’alto, ma se agisco come se fossi Dio, prima o poi vado a sbattergli contro, perché Lui è sempre al suo posto”.

La vita non è infatti certo rose e fiori, e tanti uomini e donne che hanno fatto esperienza di Dio, e che hanno avuto modo di conoscerlo veramente, lo hanno fatto passando attraverso il dolore. Ciò non significa che il dolore sia necessariamente “purificante”, ma che al contrario di certo chi si trova, a suo discapito e senza poterci fare nulla, davanti a una situazione di dolore, come spesso accade nella vita, ha la possibilità di fare un’esperienza di Dio che spesso risulta particolarmente profonda e intensa.

Avere disprezzo per sé stessi è l’immagine distorta di Dio

É come cioè se Dio ci chiamasse anche, forse soprattutto, nei momenti più bui e dolorosi, mostrando che a Lui nulla è possibile, e che di conseguenza tutto è possibile con Lui. Il volto di Dio, che è un volto di padre, nella sofferenza acquista un’espressione molto specifica, particolare. Diventa “un volto di misericordia, di tenerezza infinita, come di colui che sta dalla tua parte sempre: un padre”.

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“Una volta mi hanno chiesto quale potrebbe essere una frase in grado di salvare l’umanità. Io ho risposto: ‘Dio è mio padre‘. Ho imparato ad avere tenerezza per me stesso attraverso la sua tenerezza per me. Oggi il disprezzo per se stessi sembra pervadere l’umanità”, racconta il sacerdote, che ogni giorno ha a che fare con tanti giovani e che quindi li conosce molto bene, a fondo, tanto negli aspetti esteriori quanto in quelli più intimi, privati, profondi.

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Se oggi tanti giovani sono cupi, arrabbiati, disillusi, c’è infatti una ragione ben precisa. “Quando il serpente dice a Eva: «sarai come Dio» in sostanza le dice che è sbagliata, instilla l’ossessione a essere diversi da quello che si è”, spiega Rosini. “Lo stile di padre che è in Giuseppe è educare per tirare fuori il bene che è in me, il volto di Dio che è in me, cioè quello che sono veramente. In questo senso il disprezzo per se stessi è la vera cifra delle menzogne che ci hanno instillato”, conclude.

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“Avere disprezzo per me è l’immagine distorta di Dio che mi è stata mostrata: un Dio che pretende, rapace e menzognero. Così il modello per me stesso diventa quello del rapace e vincente a tutti i costi. E questo mi lancia in una visione deteriore e infelice della vita: quando penso male di Dio penso male di me stesso. Invece del volto di Dio inseguo quello di un idolo, e tutte le idolatrie chiedono il sacrificio dei figli: la carriera, la bellezza, il potere, la sicurezza, l’assolutizzazione delle proprie paure…”

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