La prostituzione è uno dei problemi più grandi che ci sono in Italia, tralasciando le escort, le ragazze che vivono la strada sono spesso vittime del commercio di esseri umani da paesi disagiati dai quali scappano, cercando di sfuggire alla povertà, e trovano un destino molto peggiore. Molti di noi, assorti nei problemi della vita quotidiana, non si soffermano a pensare che quelle ragazze hanno un trascorso, dei pensieri e dei sogni come tutti gli altri, ma le vedono esclusivamente come un segno del degrado della società (anche questo è) e denigrano coloro che con il loro morboso interesse ne favoriscono il commercio.
Come in tutti gli aspetti della vita, anche quello della prostituzione è variamente composito da diverse realtà, può sembrare un ragionamento frutto di relativismo, ma non tutte le prostitute vengono da situazioni di abuso e costrizione fisica e non tutti gli avventori sono uomini perversi che sfogano le loro frustrazioni andando a prostitute. Interessante per comprendere meglio questo punto di vista il racconto Giovanni Marcotullio su ‘Aleteia’.
Il giornalista racconta di aver dato un passaggio ad una donna e che parlando del più e del meno (per zittire il silenzio d’imbarazzo che una contiguità forzata tra estranei crea) ha scoperto che questa di mestiere faceva la prostituta. Incuriosito dal mestiere che la donna faceva, ha cominciato a fare domande per capire chi l’avesse costretta a vendere il suo corpo e sorprendentemente scoprì che l’unico pappone era stata la dipendenza dalle droghe: “Quando fai uso di sostanze hai per forza bisogno di soldi, ma nella mia schiavitù interiore, io ho creduto di affermare la mia libertà in un gesto volutamente provocatorio, un estremo moto di rabbia e di disperazione”.
Sbigottito da quanto stava ascoltando, il giornalista le chiese se non provava imbarazzo ad ogni transazione, se il fatto stesso di vendere il suo corpo non le faceva gelare il sangue nelle vene e lei rispose: “Sì, certo che lo sentivo… il freddo dentro e l’imbarazzo. Avevo un gran senso di pudore, io, e pure una coscienza che mi parlava assai. Son sempre stata una ragazza molto seria: lavoro nel sociale, università, chiesa, frequentazione dei Sacramenti, ecc. Ma ero doppia: ero severissima e “moralista” con gli altri e con me stessa. Troppo, evidentemente. Perché a lungo andare, vedendo che seguendo la “moralità” e la responsabilità venivo continuamente tradita e disattesa da tutti, colleghi di lavoro, di facoltà, fidanzati, amici, parenti, pure sacerdoti, ho deciso esplicitamente un’inversione di rotta”.
La ragazza spiega che il suo atteggiamento di rifiuto nei confronti della società l’aveva portata all’abuso di droghe ed al sesso a pagamento, lo faceva inizialmente a casa sua, ma quando i soldi non bastavano più si è convinta ad andare per strada. Qui ha scoperto un mondo di violenza e rabbia, dove non solo i papponi ma anche le altre prostitute ti maltrattano e dove, paradossalmente, sono i clienti a darti un briciolo di umanità e comprensione: “Per il resto gli uomini che vanno a prostitute perlopiù son persone sole, che delle volte neanche vogliono sesso, ma solo compagnia e affetto. Molti di loro mi hanno anche chiesto di sposarli! Mah, è certo una umanità malata, molto sofferente. Il 99% di loro aveva disfunzioni sessuali, impotenze, paranoie, grande solitudine e incapacità totale a relazionarsi con gli altri, donne sopratutto”.
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