Prendersela con Dio è facile, ma questo non risolve i nostri problemi

 

Se si pensa alle miriadi di miracoli e guarigioni compiute da nostro signore nei secoli, non ci si può non interrogare sul perché quelle persone sono state scelte per una simile grazia. Ancora meglio non si può non interrogarsi sul perché molte altre persone, sebbene pie e rispettose della legge divina, sono invece costrette a perire tra atroci sofferenze, magari anche in giovane età.

Non vi è una risposta a questo quesito, l’unica consolazione in un momento simile è dettata dalla consapevolezza che questo nostro mondo è per sua natura finito e che, dopo la nostra morte terrena, ci attende una seconda vita immortale. Forti di questa consapevolezza, invece di preoccuparci per il benessere del nostro corpo dovremmo pensare a quello della nostra anima.

Se la malattia fosse vista da tutti per quello che è, ovvero parte del disegno di Dio, ci si accorgerebbe che in molti casi una lunga degenza ha debilitato si il corpo, ma ha nel contempo curato le ferite dell’anima, non è infatti raro che le persone malate siano soggetti arroganti oppure totalmente distaccati dalla vita spirituale, e che dopo una lunga malattia imparino ad essere umili e a prendersi cura della propria anima.

Il problema di fondo, quindi, non è perché Dio conceda la vita e la guarigione ad alcuni rispetto che ad altri, né le nostre richieste in preghiera devono riguardare la salute fisica, la vera domanda è: Sto facendo di tutto per assicurare alla mia anima una vita ultraterrena in paradiso? Allo stesso modo la preghiera per un malato dovrebbe riguardare la salvezza e la guarigione della sua anima.

Troppo spesso si confonde Dio come un risolutore di problemi, ma la verità è che Dio è colui che ci ha creato, che ci ama e che merita il nostro amore in cambio. L’unico modo per ringraziare Dio della possibilità concessaci con la vita è quello di non commettere peccato e di espiare per le nostre colpe. Per espiare le nostre colpe è necessario prima conoscere la gravità del nostro peccato che si misura in Amore e consapevolezza: più ci ama la persona che feriamo più grande è la nostra colpa, così come aumenta con il grado di consapevolezza che abbiamo nel momento in cui lo facciamo.

Dopo queste considerazioni risulta chiaro come la malattia possa essere un’occasione di rinascita spirituale, la volontà di Dio non solo è imperscrutabile ma è tesa al raggiungimento di un bene superiore per tutti noi, e che il nostro fine ultimo è quello di espiare le colpe per creare un rapporto di amore biunivoco con nostro signore.

Se questo ragionamento è sufficiente ha spiegare le condizioni di malattia e la morte delle persone che hanno vissuto una porzione di vita, non spiega del tutto il fato dei bambini innocenti che, prima ancora di poter commettere un peccato, sono chiamati prima a soffrire e poi a morire. Se si potesse da un lato considerare il fatto che nessuno nasce totalmente privo di peccato, è impossibile non domandarsi di quale colpa si potrebbe macchiare un bambino privo di capacità di intendere e di volere. Anche in questo caso la risposta è da ricercare nella volontà imperscrutabile del Signore e non è un caso che la Chiesa abbia istituito un giorno per celebrare tutti i Santi Innocenti, anime che dopo un breve passaggio su questa terra sono subito migrate in paradiso

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