“No ai matrimoni gay, ma sì a nuovi strumenti per aprire ai divorziati risposati pur ribadendo il no al ‘divorzio cattolico’”. È la posizione espressa dalla Chiesa di Roma nel documento preparatorio, l’instrumentum laboris, del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si terrà a ottobre prossimo in Vaticano.
«I diritti dei gay hanno bisogno di tutela patrimoniale, non di tutela coniugale». È questo il confine che traccia monsignor Mauro Cozzoli, ordinario di teologia morale alla Pontificia Università Lateranense, tra i teologi più competenti.
Perché la Chiesa è contraria al matrimonio omosessuale?
Perché contraddice la natura delle cose, il disegno del Creatore. Il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna. Non è la somma degli uguali, ma la complementarietà dei diversi. La diversità e complementarietà del maschile e femminile garantiscono la fecondità dell’unione. L’unione omosessuale è per se stessa infeconda. Per questo non esiste un matrimonio gay e, di conseguenza, un diritto a esso.
Perché la Chiesa è contraria anche alla legge sull’omofobia?
Il timore è che quella legge introduca un reato di opinione nei confronti di quanti hanno convinzioni scientifiche e morali diverse. È reato fare oggetto di espressioni malevole e di azioni violente una persona omosessuale. Ma non può esserlo il pensarla diversamente sul matrimonio, le adozioni e la fecondazione assistita per coppie dello stesso sesso.
I gay possono fare la comunione?
Sì. Un omosessuale cristiano è un battezzato, un figlio di Dio. Come tale accede ai sacramenti e partecipa alla vita della comunità cristiana. Naturalmente vale per l’omosessuale ciò che è previsto per ogni cristiano: l’accesso ai sacramenti esige il rispetto delle norme morali.
E un omosessuale può diventare sacerdote?
La Chiesa cattolica non ammette al sacerdozio le persone omosessuali. Il sacerdozio cattolico è celibatario e un omosessuale si ritiene che abbia più difficoltà a vivere nel celibato.
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