“Egli non ha più dove rivolgersi per trovare conforto, il cielo è chiuso per lui” racconta Padre Pio, parlando del Cristo della Passione.
“Ah! l’amore che dilania il mio cuore, più che i carnefici dilanieranno le mie carni… Oh! no, egli vede l’uomo che non sa, perché non vuole trarne profitto. Bestemmierà ancora questo sangue divino e più irreparabile ed inescusabile diventerà la sua perdita. Solo pochi ne trarranno profitto ed i più corrono egualmente la via della perdizione.
E sotto l’estrema angoscia del suo cuore lacerato va ripetendo: “Quae utilitas in sanguine meo?…” E ricade affranto. Ma ancora questi pochi spingono il suo cuore a restare sul luogo del combattimento, ad affrontare tutte le pene e i dolori della sua passione e morte, per conquistare loro la palma della vittoria. Egli non ha più dove rivolgersi per trovare conforto, il cielo è chiuso per lui. L’uomo che pur giace morente sotto il cumulo delle sue colpe, indifferente, ingrato, disconosce l’amor suo per lui”.
Sulla croce, sembra che anche Dio abbia voltato le spalle al Figlio Gesù. Quante volte, anche noi, facciamo l’esperienza della solitudine e ci sentiamo persi! Il Figlio di Dio ha patito per avere (e dare) la resurrezione e la vita eterna. La medesima sorte toccherà anche a noi.
Di lui si è tanto discusso, in passato, prima di riconoscerne la santità. Durante la sua vita terrena, soffrì molto, a causa dei segni della Passione che lo accompagnarono per gran parte della sua esistenza e che non smettevano di sanguinare.
Il Padre di Pietrelcina, però, soffrì anche a causa della Chiesa che, attraverso il Sant’Uffizio (oggi Congregazione per la Dottrina della Fede) si rifiutava di credere alle manifestazioni mistiche che lo riguardavano. Fu Giovanni Paolo II, eletto Papa, a sciogliere ogni riserva su di lui, spingendo avanti la sua causa di canonizzazione.
Antonella Sanicanti
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