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Papa Francesco sulle orme di Giovanni Paolo II nella lotta alla mafia

Una decisione forte quella che Papa Francesco ha deciso di prendere, in concomitanza con la Beatificazione del giudice Livatino.

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Sulla scia di Papa Giovanni Paolo II, anche Francesco ha voluto rendere ancora più forte la sua scomunica contro i boss e contro la mafia. Non più solo parole, ma una piena condanna messa nero su bianco anche nel Diritto canonico della Chiesa. Vediamo di cosa si tratta.

La scelta di Papa Francesco

Furono le parole di Giovanni Paolo II, quel 9 maggio 1993 nella Valle dei Templi di Agrigento, a scuotere le coscienze di molti e non solo della chiesa: “Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. Il Santo Padre tuonava contro la mafia e contro i boss che avevano, nel giro di pochi anni, ucciso i giudici Livatino, Falcone e Borsellino, seminando odio e paura, davanti a chi aveva aperto la strada alla legalità ed alla giustizia.

Era il 1993. E, 28 anni dopo, in occasione e in concomitanza con la Beatificazione proprio del giudice Livatino, Papa Francesco ha voluto ribadire il suo NO alla mafia, la sua piena scomunica ai boss. E lo ha fatto mettendo nero su bianco la sua decisione. Ha istituito, infatti, un gruppo di lavoro nell’ambito del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Il suo NO alla mafia sarà messo per iscritto

Un gruppo di cui fanno parte personalità e membri che, da sempre, lottando contro la mafia e che portano la conoscenza della legalità in giro per l’Italia e nel mondo, in particolare ai ragazzi delle scuole.

Fra questi, vi è Don Luigi Ciotti, Presidente dell’associazione “Libera”, monsignor Michele Pennisi, vescovo di Monreale, Ioan Alexandru Pop, del Pontificio Consiglio Vaticano per i testi legislativi. Ma anche Rosy Bindi, l’ex presidente della commissione antimafia, il professore Vittorio Alberti, “officiale” del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei Cappellani delle carceri, Giuseppe Pignatone, presidente del tribunale vaticano e don Marcello Cozzi, docente della Pontificia università Lateranense.

La volontà del Pontefice di metter in carta, nel diritto canonico e nel catechismo la scomunica nei confronti dei boss è attuale, anche “per onorare il primo magistrato beato nella storia della Chiesa, che ha esercitato coraggiosamente la professione come missione laicale, è stato costituito un gruppo di lavoro sulla scomunica alle mafie”. Una scomunica che sia estesa, per volere di Francesco, non solo alle mafie italiane, ma a quelle di tutto il mondo.

LEGGI ANCHE: Beato Livatino: la straordinaria conversione dei suoi assassini

Don Ciotti: “I passi avanti della Chiesa in materia di lotta alla mafia”

Un lavoro che parte dalle parole di Papa Francesco che già nel 2015 ribadiva l’appello alla conversione per i boss. “La Chiesa ha fatto passi avanti nel percorso contro la mafia, ma bisogna fare uno scatto ulteriore. Le organizzazioni mafiose usano la religione come strumento di consenso e di potere. E’ allora necessario che ci siano pronunciamenti non solo verbali, ma scritti. Per dire in maniera chiara che la Chiesa taglia i ponti con la mafia” – spiega don Luigi Ciotti.

Il nuovo gruppo di lavoro lavorerà sia all’inserimento della scomunica ai boss nei testi della Chiesa, ma anche all’approfondimento sul tema della mafia e alla collaborazione con i Vescovi di tutto il mondo per promuovere iniziative a sostegno della legalità.

LEGGI ANCHE: Card. Bassetti su Rosario Livatino: “Ecco perché sarà Beato”

ROSALIA GIGLIANO

Rosalia Gigliano

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Rosalia Gigliano

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