San Charbel Makhluf fu un sacerdote maronita, eremita e taumaturgo che trascorse la vita all’insegna della preghiera. Sono tanti i miracoli che ha ottenuto e che ottiene.

Tanto venerato in tutto il mondo, San Charbel Makhluf, la cui memoria liturgica è oggi 24 luglio, è stato un eremita e taumaturgo libanese. Nacque nel villaggio di Beqaa Kafra, in Libano, nel 1828, probabilmente l’8 maggio, da una famiglia di contadini e visse con i quattro fratelli in un villaggio con il nome di Youssef Antoun.
A tre anni perse il padre, poi la madre si risposò con un brav’uomo. Aveva due zii eremiti nella Valle dei Santi. Erano di grande ispirazione per lui, e li imita nella preghiera anche quando a 10 anni doveva lavorare facendo il pastore. Si rifugiava in una grotta a pregare, che oggi è meta di pellegrinaggi e chiamata “la grotta del Santo”.
Santo di oggi luglio: San Charbel Makhluf
A 23 anni una notte sentì una voce che lo chiamava a sé in modo nitido e potente. Era la voce del Signore e senza dire niente né salutare nessuno si mise in viaggio verso il monastero di Nostra Signora di Mayfouq. Lì diventò monaco dell’Ordine libanese maronita e cambiò il proprio nome in Charbel, che in siriaco significa “il racconto di Dio”.
Studiò teologia e al tempo stesso si occupava dei malati e dei poveri, svolgendo anche altre missioni che gli venivano affidate.La sua attitudine è però prevalentemente contemplativa. Dal 1875 iniziò a vivere secondo la Regola degli eremiti dell’Ordine maronita, per cui i monaci vivono in piccole comunità di massimo tre.
La sua vita era così scandita da lavoro, preghiera, penitenze, silenzio e digiuni. Stava in una poverissima cella e spesso veniva sorpreso in atteggiamento orante con le braccia spalancate. Anno dopo anno visse così, lasciando la sua cella solo per celebrare la Santa Messa.
I tanti miracoli di un santo taumaturgo
Il 16 dicembre 1898 mentre stava celebrando la Messa, al momento dell’elevazione fu colto da un malore improvviso: era un colpo apoplettico che lo portò alla morte dopo 8 giorni di agonia, il 24 dicembre, la Vigilia di Natale. Anche durante i giorni di agonia gli altri monaci lo sentivano pregare e continuò ad osservare la Regola.
Subito dopo la sua morte iniziarono a verificarsi molti prodigi. I monaci videro la sua tomba che di notte veniva illuminata da luci non naturali. È il cosiddetto “prodigio della lanterna“. Questo portò a svolgere un’indagine e ci fu una ricognizione del suo corpo, che venne trovato incorrotto. Aveva la temperatura corporea di un uomo vivo. Per due volte si potè constatare questo prodigio, nel corso di altre due successive ricognizioni.
Inoltre, quando la sua tomba fu aperta il suo corpo trasudò un misterioso liquido che appariva come sangue misto ad acqua. Nel 1950 ebbe luogo l’ultima ricognizione e accadde che il suo volto rimase impresso su un panno. Insieme a questi prodigi si verificarono anche delle guarigioni miracolose che avvennero immediatamente riguardanti le persone presenti.
La fama di santità di questo monaco eremita si diffuse rapidamente e continuarono ad accadere, come avviene tuttora, miracoli di guarigione per sua intercessione, dopo averlo invocato e pregato.
Nel 1965 venne beatificato e nel 1977 arrivò la canonizzazione. Papa Paolo VI, che lo beatificò e canonizzò, lo ricordava con queste parole: “Egli può farci capire, in un mondo affascinato dal comfort e dalla ricchezza, il grande valore della povertà, della penitenza, dell’ascetismo, per liberare l’anima nella sua ascensione a Dio“.