Prima vittima della mafia riconosciuta come martire della Chiesa, il Beato Pino Puglisi ha combattuto la criminalità organizzata con il Vangelo.
Il suo intento era operare per la costruzione di un mondo libero dal male della mafia e di educare agli autentici valori cristiani. Lo ha fatto attraverso il suo ministero sacerdotale morendo con il sorriso.
Pino Puglisi nasce a Palermo il 15 settembre 1937 fa una famiglia semplice: il padre era un calzolaio e la mamma una sarta. Cresce nel quartiere Brancaccio dove una volta diventato sacerdote compirà grandi opere e verrà assassinato.
Viene ordinato nel 1960 e i suoi primi incarichi sono come vicario parrocchiale e vicerettore del seminario minore e insegnante di religione nelle scuole. A stretto contatto con la situazione di miseria e di degrado che vive Palermo, e in particolare il quartiere Brancaccio, è forte in lui il desiderio di salvare il più possibile i giovani dalla malavita.
Dal 1970 al 1978 è parroco a Godrano in provincia di Palermo e anche lì cerca di combattere la mafia riuscendo a sanare una faida tra le famiglie. Nel 1990 ritorna a Brancaccio dove gli viene affidata la parrocchia di San Gaetano.
La sua missione per la salvezza dalla mafia fino alla morte
Vive solo tre anni come parroco di quel quartiere, prima di essere brutalmente ucciso. Ma in quegli anni riesce a compiere molte cose.
Da vita a corsi di teologia di base, di alfabetizzazione e di formazione al volontariato, cura la pastorale ordinaria e si occupa di organizzare missioni popolari. Fonda il Centro “Padre Nostro” in collaborazione con le Sorelle dei Poveri di Santa Caterina da Siena che inaugura nel gennaio del ’93.
Il Centro era finalizzato a recupero dei giovani che vivevano in situazioni di degrado ed abbandono, particolarmente esposti alla cooptazione da parte delle cosche mafiose. Vi contrappone una formazione cristiana e umana cercando di far fronte alle numerose carenze socioculturali e sanitarie della zona.
Svolge un apostolato di promozione umana e spirituale e in questo è animato e motivato esclusivamente dalla fede in Cristo non da un senso filantropico. Fa tutto il possibile per cercare di salvare i ragazzi e allontanarli dal fenomeno criminale.
La sua opera sociale si radica in Dio e non prescinde dall’amministrazione dei sacramenti, dalla Parola di Dio, dalla vita di preghiera che promuove in tutti i luoghi in cui va, non solo dal pulpito.
Martire in odium fidei
La mafia lo vede come un ostacolo e non può tollerare che interferisca nei suoi piani criminali. Decide perciò di eliminarlo. La sera del 15 settembre 1993, il giorno del suo 56° compleanno, due sicari armati lo aspettano davanti casa al suo rientro.
Uno gli punta una pistola alla nuca e don Puglisi facendo un sorriso esclama: “me lo aspettavo“. Saranno le sue ultime parole. Nel processo di beatificazione qeuste parole sono state intese come espressione di accettazione all’eliminazione violenta, come la sottomissione ad un sacrificio supremo. Il suo sorriso esprime la sua volontà di perdono.
La morte di don Pino Puglisi è considerato martirio in odium fidei poiché era odiato per il suo operato autenticamente e chiaramente cristiano. Viene beatificato il 15 maggio 2013 nel Foro Italico a Palermo ed è il primo martire di mafia mai elevato prima agli onori degli altari.