Depositaria di grandi doni mistici, la Beata Alexandrina Maria da Costa ha vissuto molti anni nella sofferenza nutrita solo dall’Eucarestia.

La storia della Beata Alexandrina Maria da Costa, che si commemora oggi 13 ottobre, è costellata da tanto dolore, ma da una grande fede e doni mistici che mostrano la grandezza dell’amore di Dio. La sua vita ha inizio in una Settmana Santa, quando nasce a a Balasar, in provincia di Oporto e Arcidiocesi di Braga il 30 marzo 1904, in Portogallo.Viene battezzata due giorni dopo ed educata cristianamente dalla mamma, insieme alla sorella Deolinda.
Alexandrina rimane in famiglia fino a sette anni, poi viene mandata Pòvoa do Varzim presso la famiglia di un falegname, per poter frequentare la scuola elementare che a Balasar mancava. Dopo qualche anno torna a Balasar a vivere con la madre e la sorella.
Santo di oggi 13 ottobre: Beata Alexandrina Maria da Costa
Lavora nei campi, ha una tempra robusta e un carattere gioviale e socievole. A 12 anni rischia di morire a causa di una febbre intestinale tifoidea. Guarisce, ma il suo fisico resta per sempre segnato da questo. Ha 14 anni quando accade un tragico evento che le cambierà per sempre la vita.
Un giorno, lei, la sorella Deolinda e un’altra ragazza stavano svolgendo lavori di cucito. All’improvviso si accorgono che tre uomini stavano cercando di entrare nella loro stanza. Evidentemente avevano intenzione di far violenza alle ragazze. Alessandrina, per salvare la sua purezza minacciata e salvarsi dalla morsa degli aggressori non esita a gettarsi dalla finestra. Cade da un’altezza di 4 metri. Non muore, ma le conseguenze riportate sono devastanti.
Fino a diciannove anni poté ancora trascinarsi in chiesa, dove, tutta rattrappita. Poi la paralisi andò progredendo sempre di più, finché i dolori divennero orribili, le articolazioni persero i loro movimenti ed essa restò completamente paralizzata. Dal 14 aprile 1925 non si rialzerà più.
Il miracolo dell’Eucarestia come unico nutrimento
Per alcuni anni Alexandrina chiedeva la grazia della guarigione e, molto legata alla Madonna si rivolgeva alla sua intercessione. Poi comprese che la sofferenza era la sua vocazione. Era chiamata ad amare il Signore attraverso la sua storia di dolore e a mostrare agli altri la grandezza di Dio.
“Nostra Signora mi ha fatto una grazia ancora maggiore. Prima la rassegnazione, poi la conformità completa alla volontà di Dio, ed infine il desiderio di soffrire“, diceva. Inizia a ricevere doni mistici. Voleva essere come la lampada del Tabernacolo. Trascorreva le notti in unione spirituale con Gesù nel tabernacolo e ad ogni Messa si offriva come vittima per i peccatori. Emette il voto di fare sempre quello che fosse più perfetto in un crescendo di adesione alla volontà di Dio da cui nasce in lei anche un grande amore per la sofferenza che vive.
Il suo direttore spirituale le ordina di scrivere le rivelazioni private che vengono dai suoi colloqui con Gesù. Il Signore vuole che lei chieda la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Questa supplica fu più volte rinnovata fino al 1941, per cui la Santa Sede interroga tre volte l’Arcivescovo di Braga su Alessandrina.
La richiesta riprende quella fatta dai pastorelli di Fatima e nel 1942 Pio XII avviene la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria con un messaggio trasmesso a Fatima in lingua portoghese. Le condizioni fisiche di Alexandrina si aggravano tanto che dal Dal 27 marzo 1942 in poi Alessandrina non riesce più ad alimentarsi normalmente e vivrà solo ricevendo l’ Eucaristia come unico nutrimento.
Il mistero dell’amore nel dolore
Nel 1944 Alessandrina si iscrive all’Unione dei Cooperatori Salesiani e nel frattempo continua a dettare le sue locuzioni interiori che vengono trascritte in un diario. Anche in una vita di forti sofferenze fisiche, Alexandrina continuava ad interessarsi per aiutare i poveri della sua zona e per fare del bene e dare consolazione alle tante persone che andavano a trovarla per ricevere da lei qualche parola.
Promuove tridui, quarant’ore e quaresimali nella sua parrocchia. La fama di santità di questa reagazza è presente già durante la sua vita. Muore, come le era stato precedentemente annunciato, il 13 ottobre 1955 dicendo: “Sono felice, perché vado in cielo“, nel giorno dell’anniversario dell’ultima apparizione della Madonna di Fatima.
Sulla sua tomba ha voluto che fosse riportata questa epigrafe: “Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma non peccate più; non offendete più il nostro Gesù!”. Il giorno del suo funerale le vengono dati in omaggio così tanti fiori, in particolare rose bianche, che tutti i fiorai della zona le avevano tutte terminate. È stata beatificata da San Giovanni Paolo II nel 2004.