Dopo gli scontri dello scorso aprile a margine della riunione tra i membri dello staff presidenziale, lo stesso Ortega ed una rappresentanza della società, la Conferenza Episcopale con l’appoggio degli Stati Uniti d’America ha cercato in vari modi di spingere il presidente in carica a dimettersi e favorire in questo modo le elezioni anticipate che porterebbero ad un voto democratico. Il ruolo dei vescovi dunque doveva essere quello di mediatori per la fine delle ostilità, ruolo che il presidente nicaraguense non gli riconosce: “Pensavo fossero mediatori. E invece facevano parte del piano per il colpo distato”, riferendosi proprio alla tabella di marcia proposta dalla Celam che comprende l’indizione di elezioni anticipate.
Il risultato di questa distanza tra il capo del governo e la Chiesa è che gli scontri tra polizia, forze paramilitari e cittadini continuano senza sosta, una vera e propria guerra civile che ha già un bilancio pesantissimo: 370 morti e 2100 feriti dichiarati. La Celam, però, non si arrende e dopo le dichiarazioni bellicose di Ortega indice una giornata di preghiera per oggi che verrà ripetuta per i successivi 3 venerdì. Inoltre ha spinto i vescovi (che già si sono offerti come scudi umani durante un’azione repressiva dei gendarmi) a continuare la loro opera di difensori dei diritti civili: “Siamo chiamati ad essere la voce di chi non ha voce, per far valere i suoi diritti, trovare percorsi di dialogo e instaurare giustizia e pace”.
Luca Scapatello
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