Suor Maria Crocifissa (al secolo Isabella Tommasi) raccontò alle consorelle del monastero di Montechiaro ad Agrigento che una notte un gruppo di demoni la prese d’assalto nel suo letto, che ci fu un’intensa lotta ma alla fine gli esseri infernali l’avrebbero costretta a redarre una lettera. Concluso lo scritto e obbligata a firmarlo, la suora riusci a sottrarsi al giogo del signore degli inferi ed invece del suo nome scrisse “Ohimé”. Il giorno dopo si risvegliò sopra ad un foglio sul quale c’erano scritte delle parole con caratteri incomprensibili, a tutti sembro chiaro che c’era lo zampino del demone supremo e nel corso dei secoli la Chiesa ha deciso di beatificare Suor Maria Crocifissa.
Per quattro secoli (il terribile accadimento si verificò l’11 agosto del 1676) nessuno è stato in grado di decifrare quelle parole, finché un equipe di studiosi dell’università di Catania non ha inserito lo scritto in un software di decriptazione scaricato dal web. Intervistati da ‘La Stampa’ i responsabili dello studio spiegano: “Abbiamo inserito nel programma l’alfabeto greco, quello latino, quello runico (delle antiche popolazioni germaniche) e quello degli yazidi, il popolo considerato adoratore del diavolo che abitò il Sinjar iracheno prima della comparsa dell’Islam, tutti alfabeti che suor Maria Crocifissa poteva avere visto o conosciuto. L’algoritmo prima individua i caratteri che si ripetono uguali, poi li compara con i segni alfabetici più simili nelle varie lingue”.
L’analisi compiuta dal software ha dato ai suoi frutti estrapolando delle frasi di senso compiuto da quel guazzabuglio di caratteri. La prima frase estratta è: “Forse ormai certo Stige”, frase per lo meno criptica ma sappiamo che lo Stige era il fiume infernale, le altre due sono: “Poiché Dio Cristo Zoroastro seguono le vie antiche e sarte cucite dagli uomini, Ohimé” e “Un Dio che sento liberare i mortali”, il resto è rimasto incomprensibile o quasi. Quello che le frasi estrapolate sembrano suggerire è che satana stesse parlando della sua relazione con l’Onnipotente, di come avesse provato a convincerlo ad abbandonare l’uomo senza riuscirci. L’intervistatore ha chiesto un opinione su quanto tradotto al capo progetto, il professor Abate, e questo ha supposto che la donna potesse essersi divertita ad inventare un nuovo linguaggio mischiando caratteri studiati o che in preda ad un disturbo della personalità lo avesse fatto inconsciamente, d’altronde aggiunge: “La donna potrebbe avere sofferto di un disturbo bipolare, allora non c’erano farmaci né diagnosi psichiatriche. Certamente c’era il diavolo nella sua testa”.