Messe sospese a causa della situazione di allarme pandemia

Nelle regione italiana che risulterebbe la più colpita dalle “varianti” Covid, le celebrazioni eucaristiche sono state sospese, come era accaduto l’anno scorso.

Una delle regioni più colpite dall’attuale ondata di “varianti” sembra essere il Molise. A causa di ciò le Messe, sono state sospese in due comuni. La situazione di allarme pandemico nell’area sannitica pare essere confermata dai provvedimenti restrittivi emanati in due comuni.

Lockdown duro a Termoli

La prima località coinvolta è Termoli, dove il sindaco Francesco Roberti, il quale ha decretato la zona rossa fino al 3 marzo. Nel comune litoraneo sono state vietate la vendita da asporto per bar e locali di ristorazione. È consentita solo la consegna a domicilio.

È stata inoltre proibita la circolazione nei parchi e sono stati chiusi tutti gli impianti sportivi. Consentita soltanto l’attività motoria intorno a casa, come durante il primo lockdown di un anno fa. Chiusi anche le attività di ricevitoria, i barbieri, i parrucchieri e i centri estetici.

Ultimo ma non ultimo, il sindaco ha disposto “il divieto di celebrazioni liturgiche nelle chiese e nei luoghi di culto”. Rimangono consentiti soltanto i riti funebri, limitatamente alla “cappella del cimitero”.

Anche in provincia di Isernia, per l’esattezza ad Agnone, le Messe sono state sospese. Si tratta di una misura cautelativa, adottata dal sindaco Daniele Saia, dopo il rilevamento di un focolaio Covid: 23 positivi al tampone in un solo giorno, in un comune di circa 5000 abitanti.

La diocesi di Trivento si adegua alle restrizioni

A seguito dell’ordinanza del sindaco Saia, sono consentiti soltanto i funerali alla presenza dei soli familiari e comunque non oltre le dieci persone presenti. Intervistato dalla Nuova Bussola Quotidiana, il primo cittadino ha giustificato il provvedimento con la protezione della popolazione anziana, particolarmente presente alle funzioni religiose.

Una decisione presa, come spiegato dallo stesso Saia, senza interpellare né il parroco, né il vescovo. Ne più né meno come avvenne un anno fa, a livello nazionale.

La sospensione delle Messe è stata accettata, senza colpo ferire, dalla diocesi di Trivento (dove è situata Agnone), il cui vicario generale ha dichiarato: “Penso che la salute della gente debba stare al primo posto”. Il prelato attribuisce la responsabilità degli attuali focolai ad alcune “feste di compleanno” svoltesi in paese.

LEGGI ANCHE: Nuovo DPCM: quali “sorprese” ci aspettano per Pasqua?

Campanello d’allarme per il resto d’Italia?

C’è il rischio di una chiusura generalizzata delle chiese e delle funzioni religiose, come un anno fa? Le indicazioni che arrivano dalla Conferenza Episcopale Italiana sembrerebbero rassicurare gli animi. I vescovi esortano i fedeli “alla partecipazione di presenza alle celebrazioni liturgiche nel rispetto dei decreti governativi riguardanti gli spostamenti sul territorio e delle misure precauzionali”.

La nota della presidenza della CEI, diffusa ieri, mantiene vigente il protocollo firmato tra Chiesa italiana e Ministero dell’Interno il 7 maggio 2020. “Solo dove strettamente necessario o realmente utile, si favorisca l’uso dei social media per la partecipazione alle stesse – prosegue la presidenza della CEI –. Si raccomanda che l’eventuale ripresa in streaming delle celebrazioni sia in diretta e mai in differita e venga particolarmente curata nel rispetto della dignità del rito liturgico”.

L’assenza di nuovi provvedimenti sul fronte ecclesiastico dovrebbe indurre all’ottimismo. È anche vero, tuttavia, che, da un anno a questa parte, la Chiesa italiana si è sempre adeguata ai DPCM governativi, pur potendo avvalersi dell’autonomia organizzativa riconosciutale dal Concordato.

Sarà il Governo a decidere delle Messe

Il destino delle messe ‘in presenza’, dunque, sembra essere decisamente in mano al governo. Il prossimo DPCM, che avrà vigore per un mese, dal 6 marzo al 6 aprile, dovrebbe confermare tutte le restrizioni vigenti. Allo stato attuale, fotografati staticamente, i numeri della pandemia sembrano meno preoccupanti rispetto a marzo-aprile dello scorso anno.

Se però l’effetto-varianti dovesse confermare il trend crescente dei contagi, registrato nell’ultima settimana, le “zone rosse” potrebbero estendersi a macchia d’olio. Con conseguenze difficilmente prevedibili sul regolare svolgimento di qualunque attività, comprese quelle ecclesiali e liturgiche.

Luca Marcolivio

Impostazioni privacy