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Da Lisbona, il Cardinale Manuel Clemente parla dei divorziati

Divorziati e risposati

E la polemica è dichiaratamente diffusa, non solo oggigiorno, non solo dalla pubblicazione dell’Amoris Laetitia di Papa Francesco, ma dalla notte dei tempi.
Il concetto di sesso al di fuori del sacro vincolo matrimoniale non è chiaro nemmeno per i cristiani o si preferisce non conoscerlo, in modo da poterlo trasgredire -diciamola tutta.

Anche se scrivessimo a caratteri cubitali, su ogni altare di ogni chiesa del pianeta, che il sesto Comandamento (uno di quelli dati direttamente dal Signore a Mosè sul monte Sinai, dunque non inventato da uomini) dice “Non commettere atti impuri” (“Non fornicare”) e che si riferisce al fatto che ogni contatto tra uomo e donna, al di fuori dell’atto sessuale finalizzato alla procreazione, è peccato agli occhi di Dio, perché implica una profanazione del corpo, Tempio e dimora dello Spirito Santo, qualcuno direbbe di non aver compreso.

“Se un cattolico divorziato vuole i sacramenti, deve vivere la nuova relazione amorosa nella continenza sessuale”, ecco l’ammenda del Cardinale Manuel Clemente, inviato ai sacerdoti dell’Arcidiocesi di Lisbona.
Ora rimane, però, il problema di come entrare in ogni camera da letto e controllare che tutto avvenga secondo le disposizioni del Cardinale.
La posizione dall’Arcidiocesi di Lisbona, la più grande del Portogallo, in merito ai divorziati e alle loro relazioni con altre persone, è in linea con quella del Vaticano, ma non risolve alcun problema, pone semplicemente dei limiti a coloro che non hanno già violato le promesse fatte a Dio.

Avranno, questi, il desiderio di seguire le direttiva della chiesa, adesso che sono fuori dal vincolo matrimoniale?

Le perplessità sono state espresse anche da molti cattolici portoghesi, tanto che ogni giornale del Paese ne ha parlato. Come sia possibile che i divorziati vivano un sorta di sessualità e, nel contempo, rimangano fedeli ai dettami della chiesa, nessuno lo sa, al momento.

Ora, il portavoce del Cardinale Manuel Clemente, ribadisce: “Il documento dice che i sacerdoti devono comunque proporre la continenza, ma, considerando le difficoltà, si può ricorrere alla confessione”.
Dunque, peccare è sbagliato, ma, nel caso si sbagli, ci si può confessare! Dove sta la novità? Non è forse così per tutti gli altri cristiani?                                                            Antonella Sanicanti

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