In un comportamento idolatrico stava cadendo anche l’apostolo Giovanni, l’evangelista ed il veggente dell’Apocalisse. Finita la rivelazione celeste, recatagli dall’angelo mediatore, Giovanni si stava prostrando davanti a lui per adorarlo. Ecco come egli rivela il fatto: Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell’angelo che me le aveva mostrate. Ma egli mi disse: Guardati dal farlo! lo sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare
(Ap 22,7). L’angelo, che si dichiara servo del Signore come Giovanni, rifiuta l’adorazione come se fosse Dio.
Tutte le manifestazioni esteriori di culto, sia liturgico che privato, che si danno agli Angeli, a Maria e ai Santi del cielo, non possono avere alcun significato di adorazione. Quando un cattolico si inginocchia e prega davanti alla tomba di un santo, non deve intendere con questo gesto adorarli, ma solo onorare la santità e la gloria di Dio presente in loro. Deve sapere distinguerli da Dio, che è essenzialmente diverso da quelle “divinità” che sono gli Angeli e i Santi. Fatto con questo spirito, la devozione ai Santi conduce facilmente alla glorificazione di Dio, che ha fatto grandi cose in loro ed è soltanto un modo di ricevere energia di santità e aiuto spirituale a contatto con un cristiano che ha raggiunto la santità perfetta.
La vera adorazione ha come oggetto Dio in persona, e questa si eleva e fa cadere gli uomini e gli angeli davanti a lui, prostrandoli in adorazione, quando su di loro si manifesta la gloria dell’Altissimo. L’uomo infatti ordinariamente non conosce Dio direttamente nella sua pura essenza spirituale, ma nelle sue manifestazioni straordinarie, in cui si rivela la sua gloria.
In tal modo chi riceve la rivelazione di questa gloria attraverso un servo del Signore e non direttamente da Dio, può cadere nell’errore di adorare colui che in quel momento gli rivela la gloria del Signore e di metterlo al posto di Dio.
Ai veri Santi invece, tutta la creazione parla della gloria di Dio, perché è pervasa dai suoi attributi di sapienza, di bontà, di potenza e da tanti altri ancora. Questi Santi, emanano la gloria di Dio in tutte le circostanze della vita e rendono a Lui lode ed onore di vero cuore.
La teologia cattolica distingue molto bene Il culto di “latria” (adorazione), dovuto solo all’unico e all’eterno Dio, dal culto di “dulia” (venerazione), dovuto ai Santi a causa della loro partecipazione alla santità di Dio. Nei Santi si venera la stessa santità di Dio, che in loro è per partecipazione, in Dio per natura.
A Maria, la madre di Gesù, si dà un culto di “iperdulia”, a causa della sua santità eccellente e della sua divina maternità; si tratta comunque di semplice venerazione e non di adorazione di Maria. La devozione a Maria non è adorare Maria, ma è via che conduce all’adorazione di Dio, presente ed operante in lei. A lei l’onore come portatrice di Dio, a Dio,’ portato da lei, l’adorazione.
Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica parla dell’adorazione solo in relazione a Dio. Essa è l’atto principale della virtù della religione. Adorare Dio è riconoscerlo come Dio come il Creatore e il Salvatore, il Signore e il Padrone di tutto ciò che esiste, l’Amore infinito e misericordioso. «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai» (Lc 4,8), dice Gesù, citando il Deuteronomio. Adorare Dio è riconoscere nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il “nulla della creatura”, la quale non esiste che per Dio. Adorare Dio è come Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo, e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome. L’adorazione del Dio Unico libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo
(nn. 2096-97).
fonte: http://diosalva.net/differenza-venerazione-adorazione
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