E’ lo scandalo del nostro tempo, quello di chiamare le cose con il proprio nome e di faticare per affermare qualcosa che dovrebbe essere, a ragion di logica, compreso da chiunque: l’aborto è la soppressione di una vita!
Lo grida forte in web anche un sacerdote, don Francesco Pieri, che riflette sulle vittime di Totò Riina e di Emma Bonino, che da anni sta proponendo una mentalità abortista, senza pari.
I promotori di quel pensiero si ostinano a ribadire che, fino al terzo mese, il feto è solo un grumo di cellule e non un bambino in evoluzione, come anche la scienza, la medicina, addirittura tanti studiosi atei affermano da sempre.
Ma -si sa- il mondo va alla rovescia, mente senza pudore, pur di diffondere una cultura personalistica, mentre il sacerdote viene accusato di “offendere milioni di donne”.
La società, con le sue regole egoiste, invece, deresponsabilizza madri e padri, nonché medici abortisti, trasformandoli in assassini spietati, pressoché inconsapevolmente.
Come potrà la legge sull’aborto tutelare la salute psicofisica di quelle mancate madri?
Persino Christopher Hitchen, il giornalista/sagista notoriamente dissacratorio e anticlericale, ha detto: “Chiunque abbia visto un ecografia o abbia speso un’ora su un manuale di embriologia sa che le emozioni non sono il fattore decisivo. Al fine di terminare una gravidanza, devi ridurre al silenzio un cuore che batte, spegnere un cervello che cresce e, al di là del metodo, rompere delle ossa e distruggere degli organi (…) I passi in avanti della scienza, della medicina, dell’embriologia hanno evidenziato che un feto acquisisce caratteristiche umane prima di quanto eravamo abituati a pensare”.